Eventi metereologici estremi, grandi disastri naturali e perdita di biodiversità. Per il World Economic Forum (Wef) l’ambiente è una delle principali priorità da considerare tra tutti i rischi globali che mettono in pericolo il Pianeta.
Report dei rischi globali presentato a Davos
Dal 23 al 26 gennaio si è tenuto a Davos, prestigiosa località svizzera, il consueto incontro organizzato dal Wef. In questa occasione è stato presentato il nuovo “Global Risks Report”, la pubblicazione annuale che contiene le opinioni di esperti e politici sui pericoli più significativi che affliggono il mondo. Risultato: l’ambiente è il primo dei rischi globali a cui prestare attenzione. Secondo, la disuguaglianza. Una conclusione analoga a quella raggiunta nel 2017.
A livello generale, il 59% dei rispondenti è convinto che le minacce di vario tipo – inclusi gli attacchi informatici e il terrorismo – aumenteranno nel 2018.
I risultati dell’indagine dei rischi globali
Il report del World Economic Forum si basa su un’indagine annuale chiamata Indagine sulla percezione dei rischi globali (Global risks perception survey, in inglese), un questionario sottoposto a mille esperti del settore. Tra i trenta rischi globali a cui è stato chiesto di dare la priorità, in termini di probabilità e impatto, natura e clima hanno raggiunto le prime posizioni. Nel dettaglio sono questi i 5 maggiori rischi globali del 2018:
- eventi meteorologici estremi;
- la perdita di biodiversità e il collasso dell’ecosistema;
- i grandi disastri naturali;
- i disastri ambientali creati dall’uomo;
- il fallimento della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.
Emergenza disuguaglianza sociale
L’altro grande protagonista dei rischi mondiali per il 2018 emerso dall’indagine del Wef è la disuguaglianza. Al primo posto tra i rischi più rilevanti per il business spicca, infatti, la disoccupazione-sottoccupazione, mentre al quinto posto si affaccia la “profonda instabilità sociale”. Per il World Economic Forum l’attuale modello economico è un fallimento, tenuto in piedi “dall’avidità delle imprese”. «Nonostante l’impegno di un certo numero di amministratori delegati sia per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) dell’Onu sia per l’Accordo sul clima di Parigi – si legge nel rapporto – il potere dell’avidità delle imprese assicura la sopravvivenza del modello economico dominante. Quando i governi sono intimiditi, o semplicemente non si preoccupano di far rispettare i fondamentali diritti umani e del lavoro, o di assicurare che le tasse sulle imprese siano pagate in modo da poter investire nella protezione sociale e nella salute e nell’educazione dei propri cittadini, cedono il controllo all’avidità delle multinazionali». È necessario, dichiara sempre l’indagine del Wef «negoziare un nuovo contratto sociale».
Per Oxfam è una disuguaglianza insostenibile
«Delle ricchezze prodotte l’anno scorso, l’82% è andato a profitto dell’1% dei più ricchi della popolazione mondiale, mentre i 3,7 miliardi di persone che formano la metà più povera del Pianeta non ne hanno visto niente». Anche l’ultimo rapporto pubblicato da Oxfam (proprio alla vigilia del World Economic Forum di Davos) indica la disuguaglianza come un problema grave e in via di peggioramento. Secondo il rapporto della Ong “Reward work, not wealth – Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”, «il sistema economico mondiale permette a un’élite fortunata di accumulare immense ricchezze, mentre centinaia di milioni di persone penano a sopravvivere con un salario minimo». «Dal 2010, il patrimonio dei miliardari è aumentato in media del 13% all’anno, sei volte più velocemente che le paghe delle lavoratrici e dei lavoratori (+2% all’anno in media)».
E in Italia la situazione non è migliore: il nostro si conferma uno dei Paesi più disuguali d’Europa. «A metà 2017 – si legge nel rapporto – il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta. Nel periodo 2006-2016, il reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuito del 23,1%».
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