La parità di genere sembrerebbe restare ancora un miraggio. Secondo l’ultima edizione del Global Gender Gap Report del World Economic Forum (WEF), per eliminare del tutto le differenze fra uomini e donne nelle varie sfere della vita e della società a livello mondiale ci vorranno 134 anni (l’anno scorso invece 131). Per la platea di 146 Paesi presi in considerazione l’indice di divario (che individua di quanto il gap sia stato colmato) si è attestato al 68,5% con un leggerissimo miglioramento dello 0,1% rispetto al 2023. Anche considerando i 101 Paesi coperti in modo continuativo dal 2006 al 2024 le cose non cambiano: anche in questo caso non si va oltre lo 0,1%. Brutte notizie per l’Italia che perde otto posizioni e scivola ulteriormente in basso in classifica arrivando all’87° posto.
Parità di genere in quattro aree
Il report, arrivato alla diciottesima edizione, prende tradizionalmente in considerazione quattro aree di analisi:
- partecipazione economica e opportunità
- livello di istruzione
- salute e sopravvivenza
- emancipazione politica
L’Indice globale del divario di genere 2024 mostra che mentre nessun Paese ha raggiunto la piena parità di parità di genere, il 97% delle economie incluse in questa edizione ha colmato più del 60% del divario, rispetto all’85% del 2006. Ci sono, però, grandi differenze se si prendono in considerazione singolarmente le quattro aree di analisi: nel campo della salute il gap si è ridotto del 96%, in ambito scolastico del 94,9%, nell’economico del 60,5%. Ancora molto lunga, invece, la strada per ridurre ed eliminare la distanza nella politica dove non si supera il 22,5% anche se, proprio in questo ambito, il cambiamento sembrerebbe essere stato più significativo: la parità è migliorata di 8,3 punti percentuali dalla prima rilevazione.
Europa al top
Scorrendo la classifica dei Paesi più virtuosi si nota che non molto è mutato da dieci anni a questa parte. In cima a tutti rimane l’Islanda con un indice 93,5%, l’unico Paese a superare la soglia del 90%. Seguono la Finlandia (87,5%, in aumento di una posizione rispetto al 2023), la Norvegia (87,5%, che perde una posizione rispetto allo scorso anno). Quarta la Nuova Zelanda, seguita da Svezia, Nicaragua, Germania, Namibia, Irlanda e Spagna. All’estremità della classifica compaiono Marocco, Niger, Algeria, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Guinea, Iran, Ciad, Pakistan e Sudan.
Confrontando i diversi continenti spicca ancora la buona performance europea che guida la classifica regionale 2024 avendo colmato il 75% del divario con un miglioramento complessivo di +6,2 punti percentuali dal 2006. L’Europa mostra, però, modesti guadagni in termini di parità economica, con un leggero aumento di +0,4 punti percentuali nella partecipazione economica e opportunità (67,8%). La parità di genere nel settore dell’istruzione della regione è il terzo più alto (99,5%) a livello globale. Con una curva di tendenza verso l’alto, la parità politica in Europa mostra il dato più alto tra tutte le regioni nel 2024.
Focus sull’Italia
L’Italia ha perso otto posizioni in un anno scivolando dal 79° all’87° posto. Il Paese dimostra di avere ampi margini di miglioramento nell’emancipazione politica, ambito in cui non riesce ad andare oltre un punteggio di 0,243 su 1 che indica la piena parità, e in ambito economico, con un punteggio di 0,608, in considerazione del divario di genere nell’accesso a determinate posizioni lavorative e in termini di parità salariale. Buone le performance sul fronte educativo (con un punteggio di 0,996) che pone il nostro Paese al 56° posto a livello globale e nell’ambito della salute (con 0,967), che le vale il 94° posto.
Luci e ombre nelle aziende
Nonostante il risultato non esaltante l’Italia ha dimostrato di saper compiere anche dei concreti passi in avanti. Un esempio è rappresentato dalla presenza di donne nei consigli di amministrazione delle imprese quotate in Borsa. Grazie alla Legge Golfo-Mosca sulle quote rosa nei cda, il nostro Paese è oggi un’eccellenza a livello europeo: lo dimostrano i dati della Consob che indicano a fine 2023 una percentuale femminile nei board del 43,1%. Nel Vecchio Continente fanno meglio soltanto Francia e la Norvegia.
Dove l’Italia torna a non brillare è, invece, nella presenza di donne manager. Secondo la società di consulenza Mercer, infatti, limitatamente alle quotate soltanto un manager su cinque appartiene al genere femminile. Il dato dimostra che siamo ben lontani da quel 30% ritenuto un punto di partenza concreto per raggiungere la piena parità anche in questo ambito.
Parità di genere ed investimenti etici
La parità di genere rimane un obiettivo fondamentale e, purtroppo, ancora lontano da raggiungere. Contrastare le disuguaglianze di genere, in particolare quelle legate agli aspetti economici e della salute, riveste una forte valenza sul fronte degli investimenti etici. In questo ambito l’engagement è una strategia di investimento dalla forza trainante, in grado di spostare il business delle aziende nella giusta direzione per promuovere tutte quelle azioni volte a ridurre il gender pay gap e promuovere la valorizzazione delle competenze ai fini dell’accesso a posizioni di responsabilità e leadership anche per le donne.
Si prega di leggere le Note legali.