Un fondo sovrano italiano, questa è la proposta di Sestino Giacomoni, presidente della commissione di vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti. Ed è stata trasformata in emendamento al “decreto Rilancio”, approvato dal Senato lo scorso giugno.
L’obiettivo è semplice: investire la ricchezza degli italiani per la rinascita del Paese. Così come fanno altre nazioni, la Norvegia in primis, ma anche diversi Paesi del Golfo arabo.
Un fondo sovrano per investire nel futuro dell’Italia
Stiamo parlando di 4.446 miliardi di euro. A tanto ammontava nel 2019 la ricchezza delle famiglie italiane, il 170% del debito pubblico e il 270% del Pil. Un terzo della ricchezza è “fermo” nei conti correnti e nei depositi bancari (con un rendimento reale oggi pari a zero o negativo). La proposta sarebbe quella di convogliare una parte di questa ricchezza verso un fondo sovrano.
Una recente indagine Aipb/Censis rileva che il 35,3% dei risparmiatori sarebbe disposto ad investirla in infrastrutture preziose per il Paese.
Un canale per sostenere il mondo produttivo
Negli altri Paesi la nascita di un fondo sovrano è collegato quasi sempre all’esigenza di investire i proventi delle rendite petrolifere o di altre materie prime. Nel nostro caso, invece, l’obiettivo del fondo sovrano italiano sarebbe quello di creare un canale che colleghi la ricchezza delle famiglie con il mondo produttivo. La proposta di Sestino Giacomoni permetterebbe ai singoli risparmiatori di investire direttamente nei veicoli che la stessa Cassa Depositi e Prestiti usa per investire nel Paese. E, in particolare nelle infrastrutture e nelle reti.
Come funzionerebbe il fondo sovrano italiano
In particolare la proposta prevede che sul conto corrente su cui confluiscono le disponibilità liquide di «Patrimonio destinato Cdp» (l’organismo per sostenere con 44 miliardi le spa italiane) possano affluire anche «le disponibilità liquide dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi usufruendo dei benefici fiscali» già previsti per i Pir (Piani individuali di risparmio): cioè l’esenzione fiscale per 5 anni entro un tetto di 150mila euro.
Secondo l’idea di Giacomoni il fondo sovrano italiano prevedrebbe anche il coinvolgimento delle società di gestione del risparmio «per evitare ogni possibile effetto di spiazzamento del private capital».
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