Gli Stati Uniti rientreranno nell’Accordo di Parigi nel primo giorno di insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca. Ad assicurarlo è stato lo stesso presidente eletto americano, che ha confermato un cambiamento di rotta diametrale rispetto alle scelte adottate dall’ex capo di Stato americano, Donald Trump, noto per le sue posizioni apertamente scettiche sull’emergenza climatica.
Emergenza climatica, gli Usa parteciperanno ai negoziati in vista della Cop26 di Glasgow
Ma cosa cambierà concretamente? Da un punto di vista formale, i delegati degli Stati Uniti potranno partecipare attivamente ai negoziati organizzati dall’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change), la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. E potranno dunque partecipare a pieno titolo sia alla Cop 26 – la ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima che si terrà a Glasgow nel novembre del 2021 – sia agli eventi che la precederanno.
Il movimento “We are still in”
Va detto, però, che in questi anni l’impegno americano non è stato del tutto azzerato. Soprattutto grazie a coloro – centinaia di città, Stati federali, università, imprese, associazioni – che, all’indomani della decisione di Trump di abbandonare l’Accordo di Parigi, si erano organizzati nel movimento “We are still in” (“Noi siamo ancora dentro”), la cui spinta nel corso dei negoziati internazionali si è fatta sentire. E che, soprattutto, ha consentito agli Stati Uniti di proseguire la strada della transizione ecologica, nonostante le politiche dell’amministrazione di Washington.
Negli USA emissioni di CO2 in calo del 10%
Le politiche decise da alcuni Stati federali ed enti locali, nonché l’onda lunga delle scelte adottate da Barack Obama nel corso dei suoi mandati, hanno portato gli Usa all’appuntamento con il quinto anniversario del raggiungimento dell’Accordo in condizioni non così disastrose.
Certo, Trump ha riavviato progetti di oleodotti e gasdotti, ha concesso nuove autorizzazioni per le trivellazioni nell’Artico, ha sostenuto apertamente l’industria mineraria, compresa quella del carbone. E ha continuato a dichiarare che i cambiamenti climatici non siano in fondo un così grande problema.
Eppure, l’Energy Information Administration (EIA) ha spiegato che il comparto energetico dovrebbe registrare un calo delle emissioni di CO2 del 10% nel 2020. Si tratta di una contrazione legata certamente alla crisi del coronavirus, ma è anche vero che, rispetto al picco del 2007, il calo complessivo è stato del 23% (e del 14% se ci si ferma al 2019, prima dei lockdown).
Rinnovabili e auto elettriche: la transizione non si è fermata
Le fonti rinnovabili, infatti, ormai valgono tanto quanto il carbone in termini di produzione di energia elettrica. L’eolico, in particolare, negli ultimi dieci anni ha triplicato la propria produzione (all’8,5% del mix energetico). Mentre il solare l’ha perfino quintuplicata in soli cinque anni (ed è al 2,4%). L’idroelettrico, infine, rappresenta il 7,5% del totale. A livello industriale, inoltre, la società Tesla è ormai dominatrice incontrastata del settore delle auto elettriche, con una quotazione in Borsa superiore ai 400 miliardi di dollari. Nove volte di più rispetto al colosso General Motors. È proprio su questa base che gli Stati Uniti dovranno contare per voltare pagina.
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