Startup Africa Roadtrip è un progetto non profit che nasce nel 2017 con la missione di contribuire allo sviluppo di una nuova classe di imprenditori africani ed aziende ad alto impatto. Startup Africa Roadtrip collega gli stakeholder (startup, università, incubatori, corporate), aiuta a far crescere l’ecosistema dell’innovazione locale e costruisce un ponte tra l’Italia e i Paesi africani.
Etica Sgr, da sempre in prima fila sul fronte della finanza etica e attenta agli impatti sociali e ambientali degli investimenti finanziari, supporta questa iniziativa entusiasmante e appassionata. Abbiamo fatto qualche domanda ad Andrea Censoni, Presidente e Co-fondatore di BeEntrepreneurs.
Come nasce Startup Africa Roadtrip?
Il nostro progetto nasce dal desiderio di portare alla luce una narrativa diversa e ancora poco conosciuta del continente africano: una narrativa che si allontani da stereotipi e preconcetti e che mostri un “altro volto” dell’Africa. Il nostro scopo principale è la co-creazione di reti relazionali tra Italia e Africa, che permettano a due mondi molto simili – ma che ancora faticano a riconoscere i loro punti di contatto – di stabilire relazioni di business win-win. Da circa 5 anni, cerchiamo di costruire ponti per l’innovazione supportando startupper, innovatori, makers e giovani talenti che intendano sviluppare prodotti o servizi con elevato impatto potenziale in alcuni dei settori trainanti dell’economia locale.
La nostra Value Proposition si allontana dall’adozione di un approccio “caritatevole” e limitato nel tempo, con una metodologia top-down e unidirezionale. Adottiamo, invece, la logica della bidirezionalità e dello scambio alla pari: condividiamo le nostre conoscenze (cercando di valorizzare il talento locale e l’innata capacità di trovare soluzioni a problemi reali) e ci lasciamo coinvolgere da quello che ci stupisce nei contesti in cui operiamo. Contribuiamo a costruire un ecosistema imprenditoriale collaborativo attraverso lo scambio interculturale, l’ascolto attivo, la condivisione e l’apprendimento reciproco. Facciamo tutto questo attraverso lo scouting di idee d’impresa, la progettazione di training ad hoc e l’attivazione di connessioni locali e con l’ecosistema italiano.
Dove opera?
Dal 2017 abbiamo svolto le nostre attività in Uganda, Kenya e Tanzania supportando più di 250 startup e formando circa 1.000 innovatori ed aspiranti imprenditori. Nel 2020 il gruppo di fondatori di Startup Africa Roadtrip ha costituito BeEntrepreneurs, associazione di promozione sociale che ha come finalità principale quella di sostenere, sviluppare e diffondere nuove forme di imprenditorialità innovativa ad alto potenziale di impatto socio-economico, contribuendo alla diffusione di competenze e allo sviluppo di ecosistemi dell’innovazione collaborativi.
Con l’edizione 2021/22, dal titolo “Next Generation Africa”, patrocinata dall’Ambasciata d’Italia in Uganda, ci proponiamo di selezionare 20 progetti di impresa est-africani (nei settori agribusiness, salute, energia sostenibile, fintech e turismo) e accompagnare i 5 più promettenti in un percorso di affiancamento con importanti aziende italiane, che si concluderà con un roadshow in Italia (marzo 2022) per concretizzare sinergie e partnership con l’ecosistema italiano.
Perché l’Africa?
L’Africa è il continente del futuro. Con la più bassa età media al mondo: metà dei suoi 1,3 miliardi di abitanti hanno infatti meno di 20 anni. L’Europa è invece il continente più anziano e, nel 2050, rappresenterà appena il 4% della popolazione mondiale. Già nel 2025 ci saranno più africani che cinesi. Nel 2050 la popolazione africana dovrebbe raddoppiare (2,4 miliardi), con oltre 300 milioni di abitanti in Nigeria, terzo Paese più popoloso del mondo davanti agli USA. Nel 2100 il 40% della popolazione mondiale sarà africana, rispetto al 9% del 1950, arrivando quasi alla stessa popolazione dell’Asia. In un mondo in via di invecchiamento (una sfida sempre più pressante anche in Cina e India), l’Africa si prepara a vivere un momento unico nella sua storia.
Già oggi ha la più grande popolazione under 20 al mondo, i cinque paesi più “giovani” sono tutti in Africa Sub-Sahariana: Uganda, Mali, Niger, Guinea Bissau, Repubblica Democratica del Congo. La diminuzione della mortalità infantile, l’aumento della vita media e una fertilità meno in calo che altrove, sono le condizioni che porteranno l’Africa del 2035 ad avere la più vasta forza lavoro del mondo. Già oggi 26 Paesi su 54 superano la soglia del cosiddetto “reddito medio” (>996$/anno) e il vero motore della crescita economica sarà sempre più la domanda interna, sostenuta dalla demografia.
Se guardiamo più nello specifico alla regione dell’Africa orientale, osserviamo numerosi elementi che la rendono un ecosistema molto interessante, soprattutto in prospettiva futura: la già citata età media molto bassa, la presenza di ottime università che sfornano giovani talenti, un’infrastruttura tecnologica di base in costruzione, la crescente attenzione da parte delle istituzioni al tema della creazione di impresa, la nascita crescente e costante di hub tecnologici e stakeholder specializzati (acceleratori, incubatori), la crescita degli investimenti in startup (anche se i volumi sono localizzati principalmente in pochi paesi e nel 2020 il continente ha raggiunto quasi i 2 bln$ di investimenti complessivi).
Un’opportunità anche per l’Italia
L’Italia, geograficamente un naturale ponte euroafricano, ha raggiunto nel 2016 il terzo posto nella classifica degli investitori esteri nel continente: un fatto storico, perché solo due anni prima era ventesima (anche se, in gran parte si tratta di energia e di infrastrutture). Si potrebbe fare molto di più connettendo filiere in campo agroalimentare, innanzitutto, dove l’Italia è ricca di esperienze e tecnologie su una scala medio-piccola, compatibile con contesti e imprese africane. Poi nel mondo dell’industria manifatturiera, creativa e culturale: fashion, design, architettura, cinema, letteratura che, attualmente, considerano l’Africa solo da un punto di vista filantropico o caritatevole.
Generalizzando, bisogna superare il modello del progetto per costruire partnership bidirezionali basate su investimenti, scambi commerciali e creazione di competenze locali primariamente sul piano tecnico.
Tre cose che avete imparato dal continente africano
1. Chi decide di fare impresa/startup tecnologica in Uganda (ma in generale nel continente africano) di professione fa l’eroe. Sì, perché scegliere di imbarcarsi in un’avventura come quella di una startup richiede coraggio, fiducia in se stessi e nel proprio progetto, ma soprattutto resilienza, in un contesto economico e sociale dove molti aspetti che noi diamo per scontato – a partire dalla disponibilità di una connessione internet stabile e veloce – non sono sempre garantiti.
2. I ragazzi africani che abbiamo incontrato hanno voglia di fare e di creare un impatto positivo nella propria comunità locale. Sono estremamente intraprendenti e formati, con una innata curiosità e mentalità “aperta” che li rende disposti a mettersi in gioco e in ascolto dell’altro, favorendo quindi la costruzione di un rapporto e confronto positivo.
3. Le azioni positive innescano processi virtuosi, oltre le aspettative. Ma bisogna osare. Penso a quanto – a partire dal semplice lavoro volontario, l’impegno, la ricerca incessante di contatti e anche l’insistenza con cui siamo andati a bussare a tante porte – siamo riusciti ad ottenere in questi anni: la partnership con l’incubatore della migliore università ugandese, la Makerere University, l’amicizia con l’ambasciata italiana che ci ha supportato e promosso localmente fin dall’inizio, i tanti importanti stakeholder dell’ecosistema locale che hanno sempre partecipato alle nostre attività con grande entusiasmo.
Una storia che vale la pena raccontare del vostro progetto in Africa
La startup vincitrice del contest 2019, HerHealth, è un’impresa di sole donne. A fondarla sono state le imprenditrici sociali Margaret Nanyombi e Winfred Nafula, che hanno sviluppato un dispositivo di analisi delle urine per favorire la diagnosi precoce delle infezioni vaginali: il kit-tampone a basso costo e il collegamento al personale medico tramite piattaforma digitale sono pensati soprattutto per migliorare la salute delle donne che vivono in aree rurali, risparmiando alle pazienti decine di chilometri di spostamenti e ore di attesa.
«Costi, distanze e pregiudizi culturali costituiscono tuttora forti barriere all’accesso alle cure mediche – racconta Nanyombi – Molte donne preferiscono rimandare anziché rivolgersi a un medico, con il rischio di contrarre infezioni che si possono prevenire. Il sistema di HerHealth consente di monitorare l’insorgere di un’infezione e rivolgersi per tempo al medico».
Una soluzione che può salvare la vita di migliaia di persone in Uganda e in molti altri Paesi in via di sviluppo.
Come l’innovazione può avere un impatto sociale?
L’innovazione proposta dallo startupper africano è espressione di un’intraprendenza locale che spesso nasce dalle sfide economiche, sociali, energetiche, sanitarie e non solo che questi Paesi stanno affrontando. Spesso l'”innovazione” proposta è quindi un’innovazione “sociale” che punta a risolvere uno dei numerosi problemi strutturali che affligge il Paese (mobilità, salute, educazione, servizi al cittadino…) o “rurale” perché non legata alla realtà urbana (che in realtà rappresenta il territorio in cui vive il 90% della popolazione) e che propone un efficientamento dei business più tradizionali e legati all’agricoltura.
Inoltre, il leapfrogging africano, ovvero il passaggio all’utilizzo del mobile (che oggi ha tassi di penetrazione altissimi in tutto il continente) saltando l’era del “pc”, ha favorito la nascita di numerose startup tecnologiche e lo sviluppo di servizi avanzatissimi legati a mobile payment e digital services in generale. L’opportunità per la startup africana non è legata tanto ad un “avanzamento tecnologico”, quanto alla ricerca della migliore soluzione per risolvere un determinato problema. La tecnologia funge quindi da fattore abilitante per lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi o per innovare modelli di business tradizionali. La tecnologia delle startup nel contesto africano “vince” quando nasce per rispondere a bisogni tipici del contesto locale. Ha successo quando propone soluzioni “africane” a problemi locali.
Come nasce l’incontro con Etica Sgr? Trovate dei punti in comune tra quello che fate e la finanza etica?
Startup Africa Roadtrip si basa principalmente su attività di volontariato ed erogazioni liberali. Nella nostra ricerca di “compagni di viaggio” per il 2021/22, abbiamo pensato ad Etica Sgr per la sua attenzione all’innovazione ed agli investimenti sostenibili.
Tra i criteri di selezione per le startup che parteciperanno al nostro programma consideriamo l’impatto sociale, i benefici per la comunità di riferimento. Quindi, nel nostro piccolo, pur non potendo investire nelle startup selezionate, in qualche modo vorremmo favorire la crescita di quelle che potrebbero essere considerate come un investimento “etico”.
Progetti futuri?
La nostra filosofia è di cercare di migliorare di anno in anno, offrendo alle startup con cui lavoriamo opportunità di crescita sempre più ampie. Una startup, soprattutto nella fase iniziale, ha tre bisogni principali:
- formazione e supporto specialistico,
- network,
- contatti con il mercato/cliente potenziale, investimenti e finanza.
In questi primi 5 anni ci siamo concentrati sui primi due elementi, costruendo e validando il modello alla base di Startup Africa Roadtrip. Nel futuro prossimo ci piacerebbe riuscire a supportare le startup anche con capitale di rischio, riuscendo così a investire a 360 gradi nel talento imprenditoriale africano e nella generazione di connessioni con il tessuto economico italiano.
Si prega di leggere le Avvertenze.
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