Il Rapporto IPCC 2023 parla di gravità, urgenza e speranza, tre parole simbolo con cui il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico sintetizza il sesto studio di valutazione delle informazioni scientifiche e socio-economiche sul cambiamento climatico (AR6).
Ottantaquattro pagine che riassumono i risultati chiave delle tre sezioni precedenti e forniscono una summa della conoscenza globale sul cambiamento climatico o, per dirla con le parole del segretario generale Onu, “una guida di sopravvivenza per l’umanità”.
Ma quali sono i risultati chiave del rapporto IPCC 2023? Il documento, essendo una sintesi, non contiene nuovi risultati scientifici. Per carenza di dati? Assolutamente no, il rapporto di sintesi è il risultato di una precisa strategia. Lo scopo di questo documento è quello di essere uno strumento per i responsabili politici, un riassunto quanto più agile e chiaro frutto di anni di studi scientifici, che possa fornire una guida di orientamento per l’azione politica sul clima dei 193 Paesi membri della Nazioni Unite.
In altre parole questo documento, che ci consegna la sintesi della conoscenza umana sulla crisi climatica, frutto del lavoro su base volontaria di centinaia di scienziati, serve in ultima battuta a ribadire per l’ultima volta una condizione perentoria: bisogna agire ora o sarà troppo tardi.
Per questo il documento dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) diventare la stella polare che guiderà le decisioni del prossimo vertice della Nazioni Unite sul clima, meglio conosciuto con il nome di Cop28 che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.
Cop28, crisi e opportunità dell’appuntamento negli Emirati Arabi
Una Conferenza delle Parti che nasce con un non trascurabile “vizio di forma”; infatti la presidenza del comitato organizzativo è stata affidata al Ministro dell’Industria degli Emirati Arabi nonché amministratore delegato della dodicesima compagnia petrolifera più grande del pianeta, ovvero Ahmed Al-Jaber che, come Ceo della società Abu Dhabi National Oil (Adnoc) potrebbe, avvertono molti osservatori, ONG e attivisti climatici, favorire un annacquamento delle ambizioni di riduzione delle emissioni o comunque non guidare in modo imparziale i negoziati. Un timore che si fonda sulla storia recente degli accordi raggiunti dalle precedenti Cop o, più precisamente, su quelli non raggiunti.
A Glasgow (Cop26) fu modificato all’ultimo secondo un passaggio cruciale del testo finale facendo saltare il termine “eliminazione” (del carbone e dei sussidi alle fonti fossili) e sostituendolo con il più blando “riduzione” e a Sharm el-Sheikh (Cop27) l’argomento non è neppure arrivato alla fase finali che, invece, sono state riservate esclusivamente a delineare le condizioni generali per la creazione di un fondo destinato a supportare economicamente i paesi più fragili e vulnerabili alle conseguenze del riscaldamento globale.
Una risoluzione, quella del fondo Loss and Damage, che per molti osservatori rappresenta una criticità che ha anche del paradossale, in questo modo infatti si mette in moto un meccanismo per risarcire chi è minacciato e colpito dagli eventi atmosferici estremi piuttosto che agire per prevenirli.
Lo dichiara Manuel Pulgar-Vidal, ex ministro dell’Ambiente del Perù e responsabile del clima per il WWF: “L’accordo su perdite e danni concordato è un passo positivo, ma rischia di diventare un fondo per la fine del mondo se i Paesi non si muovono più velocemente per ridurre drasticamente le emissioni”.
Fermare il riscaldamento climatico: un piano estremo per una situazione estrema
Per molti rappresentanti istituzionali l’amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti potrebbe rappresentare un vantaggio, un’ultima e inaspettata carta da giocare, per realizzare una transizione concreta e globale verso un’economia post fossile. Una extrema ratio, un piano estremo.
Infatti nonostante l’esplicito conflitto d’interessi, come argomenta Dan Jørgensen, Ministro danese per il clima, “la presidenza di Al-Jaber è strategica per favorire un ruolo attivo delle compagnie petrolifere verso l’obiettivo net-zero”.
Della stessa idea anche il vicepresidente della Commissione UE e Commissario per il clima Frans Timmermans, secondo il quale Al-Jaber sarebbe nella posizione ideale per svolgere un ruolo guida in questa enorme transizione perché potrebbe portare i suoi “colleghi dell’industria petrolifera e del gas nella stessa direzione in termini di comprensione del fatto che anche questo settore deve incorporare nuove pratiche”.
Una situazione che mostra la complessità intrinseca al processo per trainare tutti i Paesi del Pianeta a cooperare per realizzare l’uscita dall’era dei combustibili fossili, difficoltà sottolineata anche da Hoesung Lee, il Presidente del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, in occasione della presentazione del Rapporto di sintesi, queste le parole dell’economista sudcoreano:
“Affrontare il cambiamento climatico è una sfida complessa, politica e ingegneristica che non riguarda solo la nostra generazione ma anche quelle future. Noi, come comunità scientifica, non abbiamo solo il compito di mostrare i drammatici dati di fatto ma anche di indicare quali sono le prospettive di speranza per realizzare un cambiamento globale (…) I nostri rapporti, compreso il Rapporto di sintesi, sono orientati alle soluzioni ma non illudetevi: l’inazione e i ritardi non sono tra le opzioni possibili.”
Siamo di fronte all’ultima chiamata per disinnescare una bomba ad orologeria
Queste parole ribadiscono ancora una volta il senso ultimo del rapporto di sintesi, ovvero che siamo di fronte all’ultima chiamata perché davanti a noi, ora, è ancora aperta l’ultima finestra temporale utile per fermare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. Bisogna solo sfruttarla, gli strumenti ci dice il rapporto, ci sono. Bisogna usarli prima che questa finestra si chiuda definitivamente.
Infine Hoesung Lee ha rimarcato l’importanza dell’ultimo capitolo del documento di sintesi “Risposte a breve termine: finanza, tecnologia e cooperazione internazionale (C-7)”, sottolineando come la finanza sia l’elemento chiave per concretizzare il cambiamento.
Il documento di sintesi, infatti, mette nero su bianco come il passaggio a un’economia non più climalterante richieda da tre a sei volte gli importi dei finanziamenti attuali e, inoltre, rivolgendosi direttamente agli amministratori delegati delle compagnie petrolifere si fa portavoce di un messaggio tanto semplice quanto cruciale: è il momento per tutti di diventare parte della soluzione.
Finanza etica per realizzare il cambiamento
L’apporto della finanza etica e sostenibile è quindi fondamentale, perché il tempo storico in cui viviamo ci pone davanti alla necessità di effettuare scelte economiche che non inseguano il mero profitto speculativo, come conferma anche la Bce (Banca Centrale Europea) nella sua agenda per l’adozione di politiche efficaci per consegnare alle prossime generazioni un mondo non più minacciato dagli effetti catastrofici del cambiamento climatico.
Un impegno condiviso anche da tutte le altre banche centrali dell’Eurosistema e dalla Banca d’Italia, come mostra il suo ultimo rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici (2022).
Etica Sgr in quanto prima società italiana di gestione del risparmio a proporre esclusivamente fondi comuni sostenibili e responsabili è soddisfatta di come la finanza etica da “nicchia” sia oggi riconosciuta come il settore finanziario strategico per realizzare gli obiettivi globali di riduzione delle emissioni.
La centralità e il ruolo di massima importanza dell’approccio etico agli investimenti, l’unico capace di creare opportunità di rendimento per i risparmiatori in un’ottica di medio-lungo periodo puntando all’economia reale e premiando imprese e Stati che adottano pratiche virtuose, era già stato evidenziato come necessario e determinante, per la realizzazione della sfida ecologica delle nostra epoca, dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nel suo programma politico presentato alla vigilia della sua elezione nel 2019:
“I finanziamenti pubblici da soli non sono sufficienti, è necessario valorizzare gli investimenti privati ponendo la finanza verde e sostenibile al centro della catena d’investimento e del sistema finanziario. Ciascuno di noi e tutti i settori sono chiamati a contribuire, dai singoli alle multinazionali.”
Gli strumenti per farlo ci sono, per vincere la sfida del futuro e realizzare un mondo nuovo bisogna solo usarli, agendo di comune accordo nella stessa direzione.
L’impatto ambientale di Etica Sgr
Nell’idea di investimento responsabile di Etica Sgr, l’obiettivo di ottenere potenziali
performance finanziarie positive va associato a quello di generare effetti positivi per l’ambiente e la società. Scegliere di investire in fondi sostenibili e responsabili vuol dire considerare anche l’impatto ESG (ambientale sociale e di governance).
Un’iniziativa rilevante in questo senso è sicuramente il Report di Impatto (è possibile scaricare il documento alla fine di questo articolo). Questo studio annuale illustra i risultati, in termini di impatto, degli investimenti azionari dei fondi di Etica Sgr dal punto di vista ESG rispetto al mercato di riferimento (MSCI World, il benchmark azionario dei fondi).
Tra i risultati ambientali, rispetto al mercato di riferimento, si legge che le società presenti nei portafogli dei fondi di Etica Sgr che hanno definito obiettivi allineati all’accordo di Parigi (Science Based Targets) sono +101%, quelle che hanno dichiarato un target di consumo di energia da fonti rinnovabili sono il +53% e, infine, le società che sviluppano iniziative per la tutela della biodiversità sono +32%.
Si prega di leggere le Note legali.