Il percorso di scelta di un investimento

Il percorso di scelta di un investimento

Le opportunità per investire i propri risparmi non sono mai state così tante e così democratiche. Per averne una prova basta fare una banale ricerca su Google e su Youtube: nell’arco di pochi clic ci si imbatte nelle opzioni più disparate, dai fondi comuni alle obbligazioni, dalle criptovalute agli ETF. Se da un lato tutto questo è una buona notizia, dall’altro lato crea inevitabilmente una certa confusione. Come orientarsi?

Investire i propri risparmi: il percorso di scelta

Innanzitutto è importante prendere atto di una realtà: non esiste uno specifico investimento che sia sicuro e adatto a tutti, perché il percorso di scelta è complesso e – inevitabilmente – individuale e personale. Avere al proprio fianco un consulente finanziario di fiducia è fondamentale per poter esaminare uno per uno i criteri di scelta, che potremmo suddividere in tre grandi categorie: esigenze personali e familiari, asset allocation e analisi dei fondi e dei gestori. Approfondiamole meglio.

Esigenze personali e familiari

Ben prima di fantasticare su guadagni irrealistici, ben prima di leggere schede informative e confrontare rendimenti, c’è una cosa da fare: fermarsi a riflettere su se stessi e sulle proprie esigenze. Chiunque investa i propri risparmi si pone l’obiettivo di farli fruttare, certo: ma cosa si intende fare con l’eventuale rendimento? Ci sono genitori che desiderano mettere da parte i soldi per l’università dei figli, giovani coppie che vorrebbero cambiare casa, persone che ambiscono a un “tesoretto” da spendere una volta all’anno per un viaggio esotico.

Orizzonte temporale

Da questo criterio ne scaturisce subito un secondo: l’orizzonte temporale. Investire una somma, infatti, implica la necessità di tenerla “ferma” per qualche mese o per qualche anno, senza poterla spendere per le bollette, la spesa o qualsiasi altro acquisto. Per quanto tempo si ha questa possibilità, perché lo stipendio è sufficiente per coprire con tranquillità le spese? E quanto lontano è il traguardo che ci si pone?

Anche l’età è una discriminante per queste valutazioni. Un trentenne a partita Iva che stipula una pensione integrativa lo fa per tutelarsi durante la vecchiaia, non certo per avere un salvadanaio da cui attingere per gli sfizi. Viceversa, non ha senso che una persona anziana faccia progetti per i due o tre decenni a venire.

Propensione al rischio

Continuando con questo esempio, possiamo immaginare che la persona anziana abbia già fatto gli acquisti importanti della vita (la casa, innanzitutto), abbia figli ormai adulti e autonomi e abbia messo da parte un discreto patrimonio, tra risparmi accumulati durante la vita, TFR e pensione. A quel punto, può anche permettersi di azzardare un po’ di più, perché ha le spalle abbastanza coperte da poter sostenere anche eventuali perdite. Se invece l’investimento serve per comprare una casa, un rendimento inferiore al previsto (o addirittura negativo) può mandare a monte il sogno di una vita.

Qualsiasi bravo consulente finanziario indaga sempre sulla propensione al rischio, un’attitudine che è puramente individuale e dipende solo in parte dall’entità del patrimonio di cui dispone. La dimensione emotiva gioca infatti un ruolo di primo piano, va compresa e rispettata. Il compito di un consulente non è quello di “convincere” il suo cliente a investire il 5 o il 10% dei suoi risparmi, bensì quello di costruire il portafogli più indicato per la sua attitudine. Semmai, il suo sguardo esterno obiettivo può aiutarlo a svincolarsi dai pregiudizi, dal “sentito dire” e dai falsi miti che circolano con il passaparola.

Considerazioni valoriali

In sintesi, siamo tutti diversi. E a contraddistinguerci non è soltanto la quantità di denaro di cui disponiamo, ma anche il segno che – nel nostro piccolo – vogliamo lasciare nel mondo, attraverso quel denaro. Esistono strumenti finanziari, in primis i fondi comuni d’investimento, che selezionano i titoli sulla base di parametri ambientali, sociali e di governance (la sigla, mutuata dall’inglese, è ESG). Le strategie che possono adottare sono diverse, più o meno sofisticate, ma il principio è sempre lo stesso: premiare imprese e Stati che adottano politiche virtuose, lasciando un’impronta positiva sul Pianeta e sull’economia reale.

Composizione del portafoglio

Per comodità finora abbiamo parlato del percorso di scelta di un investimento, ma sarebbe più corretto parlare di investimenti, al plurale. Con l’aiuto di un consulente, infatti, qualsiasi risparmiatore dovrebbe costruire il suo portafoglio personalizzato, composto da diversi strumenti finanziari e asset class.

Diversificazione del rischio 

“Non tenere tutte le uova nello stesso paniere” è una massima popolare che, nel mondo della finanza, riveste una certa importanza. Per quanto possano sembrare “sicuri” oppure “occasioni da non perdere”, infatti, tutti gli investimenti comportano dei rischi. A seconda della tipologia di strumento finanziario, si può rischiare di perdere del tutto il capitale investito, oppure di ottenere un rendimento inferiore a quanto preventivato o, ancora, di fare una scelta svantaggiosa rispetto ad altre possibili.

Riporre tutte le proprie aspettative su una singola attività significa esporsi troppo, perché da essa si dipende in tutto e per tutto. Per questo, il caposaldo di qualsiasi strategia è la diversificazione del rischio: chi distribuisce il proprio capitale tra tante attività, eterogenee tra loro, è più tutelato anche se una di loro ottiene performance inferiori al previsto.

Asset allocation 

Il metodo più semplice per diversificare il proprio portafoglio prevede di suddividere i capitali tra varie classi di investimento, in inglese asset class. Le principali sono azioni, obbligazioni, liquidità e immobili: ciascuna di esse ha un certo profilo di rischio, un certo orizzonte temporale, determinati pro e contro. Questo processo prende il nome di asset allocation, è delicato e al tempo stesso fondamentale per costruire un portafoglio equilibrato. Per questo, dovrebbe essere affidato a un consulente.

I fondi comuni di investimento

Per un risparmiatore, investire in uno o più fondi comuni è un’ottima strategia di diversificazione. Perché, come suggerisce il nome, ciascun fondo somma i capitali di tanti individui e raggiunge così la massa critica necessaria per poter investire in centinaia, se non migliaia di azioni e obbligazioni di emittenti diversi, scelte sulla base di un’analisi professionale e continuativa dei mercati. Cosa che sarebbe impossibile fare individualmente.

Analisi dei fondi e dei gestori

Abbiamo deciso se investire, quanto investire, come investire e con quali obiettivi. Per passare dalla teoria alla pratica, ci sono altri due punti da smarcare: con chi investire e in cosa.

Analisi dei gestori

Una delle possibilità è quella di rivolgersi a un gestore, cioè a una società finanziaria che propone ai propri clienti una serie di soluzioni di investimento. Ne esistono tante, italiane e internazionali, boutique o grandi gruppi. Quando si va a colpo sicuro, di norma è perché ci si affida alla propria banca di fiducia (che indirizza verso la società di gestione del risparmio dello stesso gruppo) o a un consulente finanziario che opera per una specifica società.

In alternativa, ci si può rivolgere a un consulente finanziario indipendente. In questo caso, l’istinto è quello di chiedere segnalazioni ad amici e parenti, esattamente come si fa quando si cerca un commercialista, un architetto o un dentista. Di per sé, non c’è niente di male; a patto di verificare che sia regolarmente iscritto agli albi pubblicati nei siti di Banca d’Italia, Consob e OCF.

Analisi dei singoli fondi 

Siamo arrivati alla fine del percorso di scelta di investimento. Sulla base delle esigenze, degli obiettivi e della propensione al rischio del cliente, il consulente gli propone uno o più fondi di investimento. Come fa il risparmiatore a capire se fanno al caso suo? I criteri da considerare sono parecchi:

  • i mercati, i settori e gli strumenti finanziari nei quali investe il fondo;
  • le commissioni di gestione, solitamente versate su base annua;
  • le eventuali commissioni di ingresso, uscita, switch (cioè previste per il passaggio ad altri fondi della stessa società) e performance;
  • l’importo minimo che il risparmiatore deve versare;
  • le performance passate del fondo in relazione al benchmark, cioè all’indice scelto come riferimento;
  • l’indicatore sintetico di rischio, classificato su una scala che va da un minimo di 1 a un massimo di 7;
  • le eventuali strategie ESG (cioè legate a fattori ambientali, sociali e di governance).

Chiaramente, per fare tutte queste valutazioni il supporto del consulente è fondamentale. Ma è altrettanto fondamentale che il risparmiatore sappia che domande porgli; delegando sì, ma con consapevolezza e attenzione.

Si prega di leggere le Note legali.

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