Ispirare un cambiamento qui e ora, questo è l’obiettivo della Laudate Deum, l’esortazione sulla crisi climatica di Papa Francesco sulla scia della Laudato Si’, con la quale il Papa nel 2015 prendeva una posizione netta circa l’emergenza clima, coniando il termine ecologia integrale[1].
Il documento inizia con un monito diretto alla coscienza di tutti e la constatazione che a quasi un decennio dal primo appello per la causa ambientale la reazione è ancora troppo debole
Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti.
Il richiamo ad azioni concrete per invertire la rotta è in linea con gli appelli della comunità scientifica internazionale e anche la preoccupazione che la finestra per contenere la temperatura a 1,5 gradi sia pericolosamente vicina a chiudersi per sempre.
Francesco affronta i principali rischi e le più urgenti problematiche del nostro tempo: dalla crisi climatica al paradigma tecnocratico, dalla debolezza della politica internazionale a quella delle conferenze sul clima (con un focus sull’imminente Cop28 di Dubai) e il ruolo della Chiesa nella salvaguardia dell’ecosistema.
Nel documento Francesco scrive che “la preoccupazione (della Chiesa ndr) per il cambiamento climatico va oltre un approccio meramente ecologico, perché la nostra cura per l’altro e la nostra cura per la terra sono intimamente legate”. Il Papa chiama in causa i principali agenti di sviluppo della nostra contemporaneità a partire dal paradigma tecnocratico, per passare all’intelligenza artificiale e alla cultura dell’innovazione e ne sottolinea le false promesse “di crescita illimitata”, ricordando come lo sviluppo tecnologico sia alimentato da risorse naturali limitate, litio, silicio, gallio, tungsteno e come i sorprendenti “progressi tecnologici” siano anche capaci di “decimare popolazioni in pochi istanti”. Per questo, suggerisce il Pontefice “ci vuole lucidità e onestà per riconoscere in tempo che il potere e il progresso che generiamo si stanno rivoltando contro noi stessi”.
La critica di Francesco al sistema produttivo “del massimo profitto al minimo costo”
Le parole del Papa non risparmiano una dura critica al sistema produttivo, per strappare il velo che nasconde la realtà e “maschera da razionalità la logica del massimo profitto al minimo costo” un modo di intendere il progresso e la crescita che “rende impossibile qualsiasi sincera preoccupazione per la nostra casa comune”, la Terra.
Papa Francesco si espone a favore delle visioni e delle azioni che provengono dal basso, ad esempio quelle dei movimenti ambientalisti, chiedendo di ascoltarle perché “occupano un vuoto della società nel suo complesso” ed è necessario “esercitare una sana pressione”. Trova spazio anche la richiesta di “porre finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, verde, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici”.
Significativa anche la parte rivolta alla Comunità internazionale per non aver saputo avuto il coraggio di cambiare durante le ultime grandi crisi globali, quella finanziaria del 2007 e quella pandemica. “ È deplorevole che le crisi globali vengano sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari” afferma Papa Francesco, specificando che la sua critica non riguarda solo l’inazione ma anche l’”individualismo” verso il quale sono state orientate successivamente al Covid le strategie sviluppate dai Paesi del mondo e che hanno portato “maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i veri potenti”.
Successivamente il documento offre un’analisi approfondita dei meccanismi che hanno portato le decisioni e gli impegni presi in occasione delle Conferenze delle Parti (COP) al fallimento o al successo, scrive Bergoglio che “gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perché non si sono stabiliti adeguati meccanismi di controllo, di verifica periodica e di sanzione delle inadempienze”.
Parlando invece dell’imminente Cop28 di Dubai (in programma dal 20 novembre al 12 dicembre 2023) il successore di Pietro conscio della delicatezza e delle criticità della prima Cop che vede alla cabina di regia un’azienda petrolifera, si allinea alle speranze di tutta la comunità internazionale. Spieghiamo meglio questo passaggio importante.
Non rinunciamo a sognare: la Cop28 e il cambiamento culturale dal basso
I Paesi del mondo, nominando alla presidenza della Cop28 il Ceo della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), sperano di poter allineare definitivamente tutto il mondo verso un’azione coordinata e condivisa per ridurre gli effetti del cambiamento climatico e abbattere le emissioni.
Non possiamo rinunciare a sognare che la Cop28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, questa Conferenza può essere un punto di svolta.
La lettera precisa un punto molto importante, ovvero come la transizione verso un mondo a emissioni zero e rispettoso della dignità umana non potrà mai compiersi se interamente delegata ai decisori politici e alle istituzioni; per raggiungere l’obiettivo, precisa Bergoglio, è necessario un cambiamento epocale dal basso perché
non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone.
Anche nelle battute finali il Papa sceglie di mantenere il tono di voce che caratterizza tutta l’esortazione, scegliendo un esempio concreto per sottolineare le disuguaglianze economiche tra Paesi, quella che Oxfam ha definito come estrema disuguaglianza di carbonio:
Se consideriamo che le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri possiamo affermare che un cambiamento diffuso dello stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale avrebbe un impatto significativo a lungo termine. Così, con le indispensabili decisioni politiche, saremmo sulla strada della cura reciproca.
[1] Il termine, introdotto da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’, si riferisce a un approccio ampio che tiene conto delle connessioni tra crisi ambientale della Terra e crisi sociale dell’umanità.
Si prega di leggere le Note legali.