Non c’è più bisogno, oggi, di iniziare a parlare di cambiamento climatico presentando cifre allarmanti: la percezione dei rischi climatici è a un livello record e anche quest’anno il World Economic Forum, il vertice internazionale in cui politici, imprenditori e società civile dibattono sui principali temi di attualità politica e finanziaria, ha confermato che la questione è diventata una priorità assoluta, molto di più di quanto non fosse solo pochi anni fa.
Ambiente: i rischi globali da affrontare nel prossimo decennio
Per limitare le conseguenze del riscaldamento del pianeta è necessario accelerare drasticamente l’intervento collettivo sulla crisi climatica.
Il Global Risk Report, l’indagine che raccoglie le opinioni di 1.200 esperti del rischio, esponenti delle autorità e leader aziendali, pone l’ambiente al centro dei maggiori rischi globali.
Nei prossimi 10 anni, nella top 10 della classifica figurano sei rischi ambientali (fallimento delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici, fallimento delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, disastri naturali ed eventi meteorologici estremi, perdita di biodiversità e collasso degli ecosistemi, crisi delle risorse naturali e incidenti di danni ambientali su larga scala) e quattro di questi, ai quali il Pianeta è più esposto, occupano i primi posti.
Global Risks Report 2023 – TOP 10 RISKS
Source: World Economic Forum, Global Risks Perception Survey 2022-2023.
Gli impatti economici dei rischi climatici
Stiamo assistendo agli effetti tangibili che il cambiamento climatico ha sulle nostre vite quotidiane e sull’economia, impattando anche sul valore degli asset delle aziende.
Secondo un recente studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, tra il 1980 e il 2022, le perdite economiche correlate a eventi climatici ed estremi (come siccità, alluvioni e ondate di calore) nei paesi dell’Unione Europea hanno raggiunto i 560 miliardi di euro, con il 10% che si è verificato nel solo 2021.
Danni economici annuali causati da eventi estremi legati al clima e alle condizioni meteorologiche negli Stati membri dell’UE
Sul tema, Banca d’Italia ha recentemente diffuso un working paper “Entry, exit anche market structure in a changing climate”che mette in relazione l’esposizione delle imprese italiane al rischio climatico.
In estrema sintesi, all’aumento delle temperature corrisponde una diminuzione nelle performance di business e la necessità di sostenere impegni anche molto importanti per attuare azioni di adattamento, ovvero per la trasformazione di prodotti, di processi, di attività produttive, di modalità di relazione con i propri clienti, allo scopo di ridurre e gestire questi rischi.
Integrare il clima nei modelli di gestione del rischio
L’abbandono dei combustibili fossili è un percorso imprescindibile, anche se complicato, visto che il mondo dipende ancora per oltre l’80% dal loro utilizzo per il proprio consumo energetico.
Dalle nostre analisi interne emerge che oltre l’85% delle aziende quotate coinvolte nello sviluppo di energie rinnovabili sono ancora esposte alle attività legate ai combustibili fossili, e distinguere quelle che si stanno allontanando efficacemente da queste ultime, con piani di transizione credibili, diventa cruciale.
In questo contesto risulta determinante l’integrazione dei fattori climatici e di sostenibilità nei modelli di gestione dei rischi di portafoglio.
Il Rischio climatico: rischi fisici e di transizione
Il rischio climatico, nelle linee guida della Task Force on Climate-related Financial Disclosure (TCFD), emerge prendendo in considerazione due tipologie di rischio.
- I rischi fisici, legati agli impatti diretti del cambiamento climatico (come eventi meteorologici estremi). Le imprese situate in zone a rischio, ad esempio presso fiumi o coste e quindi più soggette a possibili inondazioni, potrebbero subire danni significativi a causa di eventi climatici estremi, che potrebbero portare a interruzioni produttive e potenziali fallimenti. I rischi fisici differiscono geograficamente: l’Europa meridionale è più soggetta a stress termici e incendi, mentre le regioni centrali e settentrionali sono più vulnerabili a inondazioni.
- I rischi di transizione, connessi ai cambiamenti normativi, tecnologici e di mercato che accompagnano il passaggio a un’economia più sostenibile. L’implementazione di politiche climatiche per ridurre le emissioni di CO2 potrebbe impattare negativamente su settori energivori e ad alta emissione (es. minerario, cementifero, siderurgico), dove tassazioni maggiori sul carbonio potrebbero alzare i costi e ridurre la redditività.
I rischi fisici e di transizione possono compromettere la stabilità finanziaria se le istituzioni finanziarie detengono esposizioni verso imprese che si rivelano insolventi proprio a causa dei cambiamenti climatici.
Etica Sgr e il Rischio ESG per il calcolo del rischio ambientale
Etica Sgr da tempo integra i rischi di sostenibilità nel processo di investimento.
Il Rischio ESG è la metrica proprietaria sviluppata da Etica Sgr per misurare ex ante il rischio derivante da fattori riconducibili a problematiche di natura ESG (ambientale, sociale e di governance).
Robuste evidenze hanno dimostrato, per tutte le asset class e per tutti i settori e i Paesi, una stretta connessione tra il rischio finanziario -rappresentato dal Value at Risk (VaR) non diversificato- e il rischio extra-finanziario.
Attraverso questa metrica è stato già possibile avere una prima indicazione degli impatti delle variabili ambientali sul rischio, considerando la componente strettamente ambientale (E).
Per calcolare l’impatto potenziale, in termini finanziari, dei rischi legati ai fattori ESG si ricorre al calcolo della metrica VaR ESG, attraverso la quale è possibile dedurre la componente di rischio ambientale del portafoglio, inteso come perdita attesa dell’investimento riconducibile a criteri ambientali.
La nuova metrica proprietaria di Etica Sgr sul rischio climatico
Etica Sgr, in conformità con quanto richiesto dal Regolatore europeo, ha integrato nelle misure di rischio tradizionali il calcolo del rischio climatico, sviluppando una nuova metrica denominata ClimVaR, dalla natura statistica e previsionale, per misurare, prevedere e gestire in modo efficiente le potenziali ricadute dei rischi climatici sui portafogli di investimento. L’obiettivo è calcolare il rischio in cui il portafoglio di oggi incorrerebbe, tra 30 anni, ipotizzando un aumento della temperatura di 2 gradi centigradi.
La costruzione della nuova metrica passa attraverso tre fasi chiave:
- Calcolo del rischio fisico stimato, seguendo le linee guida della TCFD (Task Force on Related Finalcial Disclosures), delle società presenti nei fondi di Etica Sgr in uno scenario di aumento di 2 gradi centigradi nel 2050;
- Integrazione dei risultati con il rischio di mercato (nella componente del rischio di concentrazione), definendo un limite di peso in portafoglio per i titoli degli emittenti potenzialmente più esposti al rischio climatico;
- Integrazione con il rischio di liquidità, calcolando l’impatto potenziale, in termini finanziari, in uno scenario di stress caratterizzato da bassi volumi di acquisto sui mercati ed elevata volatilità, come conseguenza del cambiamento climatico stesso.
Il rischio climatico dei fondi di Etica Sgr
Da questo processo solido e robusto è emerso che i portafogli dei fondi presi ad esame[1] per il calcolo del rischio climatico (ClimVaR) presentano un valore di rischio fisico climatico marginale. Le analisi hanno, infatti, dimostrato che i titoli presenti nei portafogli dei fondi, potenzialmente più esposti al rischio climatico (secondo la TCFD), hanno un peso notevolmente inferiore rispetto ai limiti massimi di peso definiti dalla Sgr e ritenuti coerenti e prudenziali ai fini gestionali.
Per quanto concerne il rischio climatico di transizione, nei fondi di Etica Sgr lo stesso risulta del tutto trascurabile, per costruzione, poiché nella selezione dei titoli appartenenti agli Universi Investibili sono già esclusi i settori maggiormente coinvolti nell’utilizzo dei combustibili fossili.
L’importanza di una rigorosa metodologia di selezione
Si tratta di risultati incoraggianti che vanno nella giusta direzione e che sono frutto della rigorosa metodologia proprietaria di selezione dei titoli, ESG EticApproach®.
I fondi di Etica Sgr, infatti, da sempre escludono dagli investimenti i settori legati al petrolio e al carbone. Le società coinvolte in attività legate al gas naturale, che è un combustibile fossile ritenuto importante per la transizione energetica, sono ammesse solo per i casi più virtuosi, cioè laddove vi sia un credibile impegno verso un serio processo di decarbonizzazione.
Inoltre, la metodologia di selezione monitora, tramite specifici indicatori, il comportamento ambientale degli emittenti attribuendo specifici punteggi.
Alla selezione si affiancano poi l’attività di dialogo con le aziende sui temi per loro più materiali e l’adesione a campagne e dichiarazioni di impegno con network internazionali sui temi del clima.
In un panorama così complesso, la finanza gioca un ruolo cruciale: un buon approccio di investimento oggi deve necessariamente integrare i criteri legati al cambiamento climatico nella costruzione del portafoglio.
Per Etica Sgr la chiave risiede in una strategia che integra i rischi e le opportunità legate al cambiamento climatico in tutte le fasi dell’investimento.
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[1] Etica Azionario e Etica Impatto Clima
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Disclaimer
Comunicazione di marketing a cura di Etica Sgr S.p.A.
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