Uno spettro si aggira per il mondo da quasi due anni. È l’inflazione, e sta facendo alzare alle stelle i prezzi di quasi tutti i beni, voluttuari e di prima necessità. L’euforia economica post-Covid, i bonus e i ristori, ma anche la crisi di approvvigionamento energetico suscitato dalla guerra in Ucraina hanno generato una spirale perversa. Dalla quale, forse, si può faticosamente uscire.
Che cos’è l’inflazione
L’inflazione, un fenomeno economico che permea la vita quotidiana in modi spesso sottili ma significativi, è un argomento fondamentale per comprendere il funzionamento di ogni economia. La sua importanza va oltre il mondo accademico e riguarda direttamente l’economia domestica, le politiche governative, i mercati finanziari e persino le decisioni di acquisto personali.
Una definizione
La Banca d’Italia ne fornisce una descrizione semplice e intuitiva: «l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti ecc.) e dei servizi (un taglio di capelli, un biglietto del treno ecc.)». Precisando che «non riguarda il prezzo di singoli prodotti, ma interessa molti beni e servizi. L’aumento dei prezzi diminuisce la quantità di beni o servizi che possiamo acquistare con i nostri soldi».
Sotto il profilo squisitamente tecnico si possono avere tre tipi di inflazione:
- da domanda, cioè quando la domanda (stimolata, per esempio, dall’aumento della spesa pubblica) supera la capacità di produzione;
- da offerta, quando l’aumento dei costi di produzione riduce l’offerta (ma la domanda è costante);
- strutturale, cioè causata dall’attesa di un’inflazione futura.
Perché è importante
Nelle economie di mercato come la nostra, l’inflazione riduce il valore della moneta nel tempo. Le oscillazioni dei prezzi, che abitualmente si registrano per singoli prodotti e sulla base di fenomeni contingenti – aumento improvviso della domanda, temporanea difficoltà di approvvigionamento di un bene o di una materia prima – diventano invece endemiche e nel giro di poco tempo con gli stessi euro si acquistano meno beni o servizi rispetto al recente passato. Per non parlare dei risparmi lasciati sul conto corrente, sui quali l’inflazione va a incidere con analoga virulenza, riducendo inesorabilmente il potere d’acquisto del denaro.
Come si calcola
Le nostre spese quotidiane sono date da generi di prima necessità (cibo, energia, trasporti) e da una percentuale variabile di beni voluttuari. Le persone più povere destinano la maggior parte del reddito a generi primari. Le altre possono spaziare tra i beni più disparati. Per questo, al fine di misurare in modo attendibile l’inflazione, occorre realizzare una media dei prezzi al consumo (indice) di un insieme stabilito di beni e servizi.
Il contenitore virtuale di questo insieme è detto “paniere” e in Italia vi figurano quasi 1900 voci, aggiornate e monitorate dall’ISTAT anno per anno. Nell’area euro l’inflazione è misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo, spesso indicato con la sigla IAPC. Il termine “armonizzato” significa che tutti gli Stati dell’UE adottano la stessa metodologia, assicurando la comparabilità dei dati.
L’inflazione oggi
Dal 2022 l’inflazione ha fatto ritorno nelle economie di tutto il mondo, con incidenze variabili nelle diverse aree del globo. Gli economisti stimano una riduzione del suo andamento globale nel corso del 2023 con una attestazione intorno al 7,1%. Si prevede una discesa al 5,8% l’anno prossimo, fino a toccare il 4,5% nel 2026. Con l’obiettivo ultimo di raggiungere quella che è ritenuta una normale e fisiologica volatilità dei prezzi, che secondo gli analisti oscilla intorno al 2%.
Le cause dell’inflazione
Sono diverse le cause che negli ultimi anni hanno portato l’inflazione su valori elevati, talvolta raggiungendo anche la doppia cifra in alcuni Paesi. Due sono le principali.
In primo luogo l’azione combinata dell’immissione di moneta per ristori e bonus a seguito della pandemia e l’euforia di spesa seguita ai due anni di lockdown, che hanno generato una naturale crescita dei prezzi. Poi la guerra in Ucraina, con la conseguente crisi di approvvigionamento energetico, che ha fatto impennare i prezzi dell’energia e dei combustibili e ha causato significativi tagli alla produzione in numerosi comparti.
Inflazione in Italia
Il 2022 si è chiuso con un aumento medio dei prezzi pari all’8,1%. Un pessimo segnale rispetto all’1,9% del 2021, al -0,2% del 2020 o allo 0,6% del 2019. Un fatto che ha rievocato scenari economici tipici degli anni ‘80 (quando però si toccarono anche punte del 21%). Per quanto riguarda l’anno in corso, nel mese di maggio 2023 di l’ISTAT ha certificato un’inflazione del 7,6% su base annua, in calo rispetto all’8,2% del mese precedente.
Il dato europeo
Nell’area euro il 2022 ha segnato una media inflazionistica dell’8,3%, contro il 2,6% del 2021, lo 0,3% del 2020 (ma il dato era condizionato dalla pandemia) e l’1,2% del 2019. Quest’anno l’inflazione si attesta al 6,1% a maggio, in ribasso rispetto al mese precedente (7%) e allo stesso mese del 2022 (8,1%). Un calo ottenuto dalla BCE alzando ripetutamente i tassi di interesse (l’ultimo, recente, a giugno).
Inflazione in USA
Anche negli Stati Uniti nel 2022 l’inflazione media ha raggiunto livelli significativi chiudendo l’anno con una media dell’8%. Un dato che fa seguito al 4,7% del 2021, all’1,2% del 2020 e all’1,8% del 2019. Nel 2023 l’inflazione si sta praticamente dimezzando e ciò ha indotto la FED a mettere uno stop all’innalzamento dei tassi: nel maggio di quest’anno l’aumento dei prezzi si è fermato al 4%, in calo rispetto al mese precedente (4,9%).
Tassi e inflazione
Come abbiamo visto, per contenere l’inflazione le banche centrali stanno alzando i tassi di interesse. Il meccanismo che li lega all’inflazione è abbastanza semplice. Tassi più alti significano denaro più caro (a partire dai mutui), più soldi fermi sui depositi bancari, minori investimenti, minore circolazione di moneta e, di conseguenza, riduzione significativa dei consumi. Da qui un progressivo calo della domanda, la riduzione dei prezzi e quindi dell’inflazione. Insomma, tassi alti significano bassa inflazione ed economie nazionali con il freno parzialmente tirato.
Inflazione e investimenti etici
L’instabilità dei prezzi rappresenta una sfida per l’economia e gli investimenti. In periodi di alta inflazione, gli esperti consigliano la prudenza, ma non la stagnazione. Spesso vengono suggerite soluzioni d’investimento indicizzate all’inflazione, ovvero strumenti che vedono il loro valore nominale e/o i loro interessi legati a un indice di inflazione, il che significa che il loro valore aumenterà con l’aumento dell’inflazione.
Una particolare attenzione va rivolta agli investimenti etici e sostenibili, che per loro natura sono orientati verso settori che operano in trend orientati a lungo termine e non perseguono obiettivi speculativi immediati. Questa caratteristica consente di mitigare nel tempo la volatilità e l’instabilità del mercato, fattori importante in un panorama economico complesso e incerto. Chi decide di investire integrando all’analisi finanziaria anche aspetti legati a temi ESG può contare quindi su un vantaggio competitivo della gestione del rischio nel lungo periodo. Etica Sgr ha elaborato una metrica proprietaria, denominata Rischio ESG, che si pone l’obiettivo di valutare sinteticamente la sostenibilità degli emittenti, calcolando il rischio derivante da fattori ESG, al fine di quantificare l’impatto sulle performance dei titoli di un fondo.
Nonostante un calo generale nella raccolta di risparmio gestito nei primi mesi del 2023, il settore degli investimenti ESG (Environmental, Social, Governance) continua a crescere a ritmi più rapidi rispetto ai prodotti di investimento tradizionali. Questo trend sottolinea il riconoscimento crescente del valore degli investimenti sostenibili in termini di impatto a lungo termine su un’economia più resiliente e sostenibile.
Si prega di leggere le Note legali.