I fondi etici e responsabili sono la hit del momento sui mercati finanziari di tutto il mondo, vanno a ruba e l’offerta cresce di giorno in giorno.
Un rapporto di Morningstar, il Global Sustainable Fund Flows, mostra come nel primo quadrimestre del 2021 i fondi sostenibili americani abbiano battuto ogni record: 21,5 miliardi di dollari di afflussi netti. In Europa le cose vanno ancora meglio. I dati Assogestioni raccontano di una crescita importante anche nel nostro Paese: oltre il 20% il patrimonio promosso dei fondi sostenibili (che rispondono alla normativa SFDR), arrivando a rappresentare circa il 30% del patrimonio promosso in
fondi aperti totale, € 1.103 miliardi.
Alla crescita della domanda corrisponde una crescita dell’offerta (o viceversa?) e diversi fondi “tradizionali” vengono riconvertiti in etici e sostenibili.
Fondi etici e fondi green, “le parole sono importanti”
Ma, come diceva Nanni Moretti nel suo Palombella rossa, le parole sono importanti. Parlare di fondi etici non è la stessa cosa di parlare di fondi sostenibili e, ancora, che cosa significa “sostenibilità” riferita ai fondi?
Ora, in Unione Europea, inizia a farsi strada qualche indicazione più precisa con l’introduzione della Tassonomia nell’ambito della finanza sostenibile grazie alla SFDR (o Regolamento 2088), pur fra tante contraddizioni e spinte ad includervi settori controversi. E, ancor di più, con il Regolamento 2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari che, dal 10 marzo 2021, obbliga i diversi partecipanti ai mercati finanziari a pubblicare informazioni circa le rispettive politiche sull’integrazione dei rischi di sostenibilità nei propri processi decisionali relativi agli investimenti, nello sforzo di armonizzare le norme relative a distinguere che cosa è sostenibilità e nella comunicazione delle informazioni connesse alla sostenibilità dei prodotti finanziari.
Negli Stati Uniti e in altri mercati mondiali la regolamentazione e l’armonizzazione fra le norme esistenti sono però sicuramente più lasche e molto è lasciato alle strategie dei diversi gestori, con un rischio alto di pratiche riconducibili a greenwashing e socialwashing. Anche la normativa europea sulla finanza sostenibile, un buon punto di partenza, lascia diverse zone d’ombra e ha un lungo cammino di attuazione da fare.
I fondi etici e responsabili funzionano?
Gran parte degli studi, fondati su dati ormai consolidati, concordano nell’assegnare ai fondi etici, sostenibili e responsabili mediamente performances finanziarie simili a quelle dei fondi tradizionali (con alcuni vantaggi nel medio/lungo periodo). Si riconosce sempre, inoltre, una maggiore capacità di resistenza alle turbolenze dei mercati e – non meno importante – l’impatto positivo su ambiente, sociale e governance.
Un recente studio di Morgan Stanley compiuto su oltre 3.000 fondi americani, obbligazionari e Etf, durante l’anno della pandemia, dimostra che questi fondi hanno una performance migliore di quella dei fondi “tradizionali”. Ad esempio i fondi azionari superano per resa quelli non-ESG del 4,3% nel 2020, mentre gli obbligazionari sostenibili fanno meglio dei loro omologhi tradizionali dello 0,9%. Significativo che analoghi risultati avesse dato l’analisi sul 2019.
Sempre l’Istituto per l’Investimento Sostenibile di Morgan Stanley aveva paragonato lo scorso anno la performance di 11.000 fondi comuni d’investimento nel periodo 2004-2018 giungendo alla conclusione che “non vi è alcun trade-off finanziario nella resa dei fondi sostenibili rispetto a quelli tradizionali, ed inoltre i primi dimostrano minori rischi di ribasso”. Nei periodi di estrema volatilità, “vi sono forti evidenze statistiche di una maggiore stabilità dei fondi sostenibili”.
Analoghi risultati sono stati evidenziati in altre ricerche compiute da varie istituzioni e centri studi economico-finanziari nel corso degli anni: il NYU Stern Center for Sustainable Business sul rapporto fra profili ESG e rendimenti finanziari, comparando oltre mille diversi studi pubblicati fra il 2015 e il 2020; il Nuveen TIAA Investments che, nel 2018, ha mostrato che dal 2012 al 2016 l’investimento responsabile aveva raddoppiato i suoi asset arrivando a 8.720 miliardi di dollari e che “non vi fosse alcuna evidenza di risultati penalizzanti per questi fondi rispetto ai benchmark di riferimento dei fondi tradizionali”; nel 2015 uno studio dell’Università di Amburgo e di Deutsche Asset & Wealth Management aveva analizzato ben 2.000 studi empirici pubblicati su riviste scientifiche accademiche dagli anni ’70 risultando che la grande maggioranza di questi studi riportavano risultati più positivi per investimenti fondati su criteri ESG che non di quelli basati sulla performance finanziaria d’impresa.
Da nicchia a mainstream
I fondi etici e responsabili, lungi dall’essere fondati su astratte o generiche istanze morali o peggio moralistiche, rappresentano investimenti sempre più sofisticati sotto il profilo degli standard e delle metodologie. Questi strumenti di investimento escludono imprese quotate e settori “pesanti” sotto il profilo dell’impatto ambientale, sociale e della governance (equilibrio di genere negli organi sociali, controversie e condanne in sede penale o di diritto ambientale o del lavoro, contenziosi sindacali, ecc.).
Allo stesso tempo questi fondi adottano metodologie articolate e consolidate per la selezione dei titoli migliori dal punto di vista socio-ambientale (per esempio “best in class”) all’interno di valutazioni ESG, integrando però capacità di rendimenti economici, come abbiamo visto, competitivi con quelli più tradizionali.
Buoni rendimenti e impatti sostenibili hanno dimostrato di essere compatibili. Ciò induce sempre più le società di gestione del risparmio a sviluppare l’offerta di questo tipo di prodotti.
Anche durante la pandemia gli investimenti etici e responsabili sono cresciuti, diventando sempre un comparto importante anche per gli operatori più tradizionali.
I fondi etici e responsabili durante la pandemia
Nel già citato rapporto di Morningstar si mette in rilievo non solo come nel medio-lungo periodo i fondi etici e responsabili siano competitivi rispetto a quelli tradizionali (6,9% l’anno, negli ultimi 10 anni, contro il 6,3% di quelli tradizionali). Non solo: al colmo della crisi pandemica, nel primo quadrimestre del 2020, tutte le categorie di fondi sostenibili hanno fatto meglio di quelli tradizionali in un range dallo 0,09% all’1,83%.
Come si può spiegare una simile performance? Si può ipotizzare che tale crescita sia direttamente legata alla crisi delle azioni delle aziende nel comparto dei combustibili fossili che, non essendo nel portafoglio dei fondi etici e sostenibili, non hanno influito negativamente su questi come avvenuto in quelli tradizionali. Mentre l’indice Nasdaq dei titoli tecnologici ha recuperato completamente le perdite e ha raggiunto vertici record, i giganti del petrolio ancora arrancano.
Michael Kind di ShareAction ha commentato al Guardian i risultati degli investimenti sostenibili, dicendosi niente affatto sorpreso del risultato: “Noi sentiamo spesso dai risparmiatori che una delle maggiori barriere all’azione è la percezione che spostare i propri investimenti sui fondi etici e responsabili possa comportare una perdita finanziaria. Noi ci aspettiamo che i fondi ESG più ambiziosi ed autentici diano migliori risultati per gli stakeholders e per l’ambiente, non necessariamente sempre e solo in termini di più soldi per gli investitori”.
Investire nei fondi etici e responsabili fa bene all’ambiente, alla società, ma anche al portafoglio, come argomenta l’inglese Moneyfacts: un vantaggio competitivo non da poco nel mondo di oggi.
Si prega di leggere le Avvertenze.
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