Le energie rinnovabili sono una soluzione cruciale non solo per affrontare la crisi climatica ma anche come mezzo efficace per alleggerire il peso delle bollette energetiche sui cittadini e sulle aziende.
Durante le giornate di Rimini, in un contesto di dibattito e innovazione, Elettricità Futura, l’associazione di punta del settore elettrico italiano, ha lanciato un messaggio chiaro e provocatorio al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), presentando un’analisi dettagliata e un invito all’azione. Lo studio rivela come un approccio più ambizioso nella transizione energetica possa non solo accelerare il cammino verso la decarbonizzazione ma anche tradursi in un significativo risparmio economico per i consumatori italiani, quantificabile in circa 25 miliardi di euro sulle bollette energetiche. Questo potenziale risparmio sottolinea l’urgente necessità di ripensare e ottimizzare il Piano di transizione energetica, puntando decisamente sulle energie rinnovabili.
Un risparmio di 25 miliardi di euro con le rinnovabili
L’attuale Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) non permetterà all’Italia di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione europei. Manca di coordinazione tra territori, è provato da un eccesso di burocrazia ed è condizionato da politiche che guardano ancora troppo al passato invece che al futuro. È questo il giudizio emerso a Rimini dal confronto tra istituzioni e imprese durante gli eventi dell’Energy Transition Expo, la manifestazione di riferimento per il mercato delle rinnovabili e della transizione energetica.
Elettricità Futura ha quantificato in 25 miliardi di euro il risparmio che si potrebbe ottenere nelle bollette se il piano italiano per la transizione energetica fosse più audace. I consigli per ottimizzare il Piano sono stati raccolti in un documento “Il governo del sistema, la chiave per la transizione”. Vediamo i contenuti principali.
La burocrazia ostacola la decarbonizzazione
Lo studio suggerisce di accelerare la transizione “laddove è più facile farlo” ovvero nel settore elettrico rinnovabile. I risultati di decarbonizzazione di questo settore, infatti, possono essere da traino per gli altri. Attualmente il PNIEC prevede per il settore elettrico italiano una quota di rinnovabili del 65% entro il 2030, lo scenario proposto dalle associazioni di categoria suggerisce invece di aumentare questa quota fino all’84%. Per centrare l’obiettivo bisogna cambiare passo.
Nel 2023 il cammino è stato troppo lento: sono entrati in esercizio neanche la metà dei nuovi impianti rinnovabili necessari e le fonti pulite hanno coperto il 36,8% della domanda elettrica, inoltre la generazione termoelettrica nel 2023 è scesa del 17,4% rispetto all’anno precedente. In sintesi i nostri progressi verso la decarbonizzazione rappresentano la metà di quanto sarebbe necessario per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 indicati da Bruxelles.
Per aumentare questa quota urge velocizzare il processo di autorizzazione per i nuovi impianti, bloccati da troppa burocrazia e rallentato dalla mancanza di coordinamento tra i territori, ognuno isolato dagli altri con la sua normativa. Risultato: oltre 1.300 progetti di impianti di energia rinnovabile sono in attesa di valutazione, nella maggior parte dei casi da parte delle Regioni. Per questo Elettricità Futura propone di sgravare gli Enti regionali da questo compito e di far entrare in scena il MASE (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) come responsabile dell’intero procedimento autorizzativo: questa soluzione prende il nome di “Provvedimento Unico Nazionale”.
Con l’energia pulita 540mila posti di lavoro entro il 2030
È necessaria una “visione unica e stabile” in grado di armonizzare tutti gli elementi in gioco tra cui quello che, forse, è il più urgente: la normativa definitiva per individuare le aree idonee alla costruzione di nuovi impianti. L’analisi “Il governo del sistema, la chiave per la transizione” definisce questo aspetto come uno dei veri e proprio game changer per lo sviluppo delle rinnovabili e della filiera industriale dell’energia pulita, un’industry che secondo le più recenti stime permetterà di creare 540mila posti di lavoro entro il 2030. Tuttavia il decreto per l’attuazione delle disposizioni sull’individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni non è ancora stato emanato e questo ritardo, sottolineano gli autori, è un preoccupante freno sulla strada che porterebbe l’Italia ad essere un Paese più green.
Un Governo unitario degli stakeholder per migliorare e velocizzare la transizione energetica
Infine l’argomento più delicato, quello dei finanziamenti economici. Anche qui il problema principale è quello dei gravi ritardi nell’approvazione degli strumenti di finanziamento che permettono la transizione energetica ed ecologica. Il decreto Fer2, quello per promuovere lo sviluppo di tecnologie rinnovabili innovative (tra cui l’eolico offshore, l’energia oceanica, le biomasse, il biogas, il solare termodinamico e la geotermia) ad oggi ha accumulato un ritardo di oltre 1.600 giorni, il termine previsto per l’emanazione del decreto era infatti il 10 agosto 2019.
Per questo gli operatori del settore chiedono un esito diverso per il decreto FerX quello che rinnoverà gli incentivi per l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici fino al 2028. A tre mesi dall’inizio dell’anno però il decreto più importante per accelerare la transizione energetica è ancora in bozza.
Il termine ultimo per mettere a terra il piano definitivo per la transizione energetica del nostro Paese è il 30 giugno 2024, data in cui il Pniec sarà inviato a Bruxelles per l’approvazione. Il tempo è poco è c’è ancora tanto lavoro da svolgere, per questo Elettricità Futura suggerisce di realizzare il prima possibile un Governo unitario degli stakeholder “non una cabina di regia” ma un vero e proprio “comitato esecutivo” dotato dei necessari poteri decisionali e di intervento perché “la complessità e la stratificazione degli interlocutori coinvolti a vario titolo nel processo di transizione energetica non può essere ragione per un mancato coordinamento”.
Dello stesso parere i sindacati (Cgil, Uil, Ugl) e l’associazione Amici della Terra che sottolineano come non esista una soluzione unica per realizzare la transizione e che la chiave del cambiamento possa essere solo l’attivazione di un confronto periodico tra tutte le parti sociali al fine di realizzare una transizione equa e giusta e la creazione di nuovi green job di qualità.
Il ruolo della finanza nella transizione verso un’economia verde
Gli attuali cambiamenti climatici dimostrano, con sempre maggiore evidenza, l’esistenza di un legame tra sfruttamento delle risorse ambientali da parte dell’uomo e le conseguenze che queste azioni hanno sul clima, sulla natura, sugli animali e sulla salute dell’uomo, con impatti negativi di tipo economico e sociale, su scala mondiale. In questo contesto, la finanza ha un ruolo cruciale per consentire un cambio di paradigma e promuovere investimenti volti a favorire i processi di transizione energetica, sostenendo l’espansione di un’economia sempre più green. La scelta di investire i propri risparmi in modo etico permette di massimizzare i benefici e gli impatti positivi sulle persone e sul Pianeta per perseguire questi obiettivi nel lungo periodo.
Si prega di leggere le Note legali.