La COP-27 (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) è stata l’edizione del 2022 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e si è tenuta a Sharm el-Sheikh, sotto la presidenza dell’Egitto, dal 6 al 20 novembre.
Pochi sono stati i successi di COP-27 ma tra questi possiamo sicuramente inserire la costituzione di un fondo mondiale, denominato Loss and Damage, per risarcire i Paesi più esposti al cambiamento climatico e ai suoi danni ambientali.
Nel lontano 1991 l’alleanza di stati insulari del Pacifico Meridionale, tramite il loro portavoce e ambasciatore della piccola Repubblica di Vanuatu Robert Van Lierop, aveva proposto un “pool assicurativo da usare per risarcire le piccole isole e i Paesi in via di sviluppo per le perdite e i danni derivanti dall’innalzamento del livello del mare”. Ci sono voluti più di tre decenni e, alla fine, il risultato è stato ottenuto anche se, come vedremo, i punti da chiarire sono ancora molti.
COP-27: la giustizia climatica al centro del dibattito
Per la prima volta nella storia delle COP la giustizia climatica è stata protagonista, spostandosi dallo sfondo al centro del dibattito, dando voce a milioni di persone che subiscono in prima persona gli effetti del cambiamento climatico.
A guidare i delegati di 134 Paesi in via di sviluppo a COP-27 nella loro richiesta per l’attribuzione di responsabilità climatica da parte delle grandi economie c’è stato, questa volta, il Pakistan. Il Paese asiatico è oggi responsabile di appena l’1% delle emissioni di gas serra globali e, nel 2022, ha vissuto alluvioni estreme che lo hanno messo in ginocchio.
Il fondo Loss and Damage e il Comitato di transizione
Cosa prevede il fondo Loss and Damage? L’accordo, con riferimento alle sole economie sviluppate, prevede la costituzione di un “Comitato di transizione” il cui incarico sarà di stabilire accordi di finanziamento per assistere i Paesi in via di sviluppo più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico in risposta a perdite (loss) e danni (damage). Il Comitato sarà incaricato di individuare nuove fonti di finanziamento “innovative”.
Tuttavia ci sono ancora numerosi dettagli da definire e non proprio secondari come i parametri effettivi di funzionamento del dispositivo, l’ammontare del finanziamento e la divisione delle quote dei fondi Paese per Paese, oltre alla possibilità di aggiungere, accanto ai pagamenti diretti, forme di rimborso assicurative. Un accordo ancora alla stato liquido che ha portato Mohamed Adow, direttore esecutivo di Power Shift Africa, gruppo impegnato a mobilitare l’azione per il clima in Africa, a una dichiarazione poi ripresa dai media di tutto il mondo come sintesi estrema di questa COP, ovvero che l’accordo raggiunto rappresenta per ora una “scatola vuota”. Restano ancora pesanti questioni da risolvere, prima tra tutti la partecipazione della Cina come economia avanzata anche se, per l’Onu, il Paese è considerato ancora come “in via di sviluppo” nonostante oggi sia il primo per emissioni di CO2.
Le ombre sul contenimento della temperatura a 1,5°
Una vittoria per la giustizia climatica non può far dimenticare la mancata ambizione di contenere la temperatura entro 1,5° gradi, come hanno sottolineato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il suo vice, Frans Timmermans. Proprio l’ambizione è stata la grande assente alla COP-27, come dice senza mezzi termini Antonio Guterres, il Segretario generale dell’Onu durante il discorso conclusivo della COP-27: «I testi approvati sono un compromesso. Riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi. Compiono passi importanti ma, purtroppo, non bastano a superare alcune profonde contraddizioni» e aggiunge ribadisco la mia convinzione che dobbiamo porre fine ai sussidi ai combustibili fossili».
Ricordando come, proprio su questa ambizione, si sia incagliata la scorsa COP-26 di Glasgow con il mancato compromesso per l’uscita definitiva dal carbone a causa della mancata adesione all’ultimo momento dell’India con la richiesta di sostituire nel testo dell’accordo finale “phase-out” (uscita) con un più blando “phase-down” (diminuzione).
A congelare il dibattito sulla necessità di abbandonare le fonti energetiche non è tanto la necessità dei Paesi emergenti di poter fare affidamento su tutte le fonti energetiche per sostenere il proprio sviluppo, quanto l’invasione russa dell’Ucraina che ha reso necessario per molti Paesi un piano d’emergenza per provvedere alla propria indipendenza energetica che, in alcuni casi, ha anche portato alla riapertura di centrali a carbone.
È ancora possibile contenere i cambiamenti climatici?
Più volte è stato sottolineato come la differenza di soli 0,5° nell’innalzamento della temperatura corrisponda alla fine della biodiversità così come la conosciamo ora. Scomparsa di isole, milioni di persone in più in tutto il globo esposte a ondate di calore potenzialmente letali, scarsità d’acqua e inondazioni sempre più frequenti. Un mondo a +1,5° gradi potrebbe ancora avere barriere coralline e ghiaccio marino artico durante i mesi estivi, mentre un mondo a +2° gradi molto probabilmente no.
Nonostante l’urgenza di adottare misure drastiche per impedire il superamento della soglia di 1,5° la COP-27 non ha sottoscritto nessun impegno concreto per ridurre l’emissione in atmosfera dei gas responsabili dell’aumento della temperatura. Il testo finale contiene infatti solamente un riferimento alla necessità di ridurre le emissioni e un “invito” a mitigarle del 45% entro il 2030. Soprattutto, il documento conclusivo non affronta un pesantissimo “non detto” ovvero che, come affermano diversi esponenti della comunità scientifica, al ritmo di emissioni attuali l’obiettivo di 1,5° potrebbe essere ormai fuori dalla nostra portata.
Per questo la COP-27 si chiude con molte ombre, dubbi e incertezze, che il Segretario generale Onu Antonio Guterres ha cercato di mitigare con il suo discorso conclusivo: «Il percorso del progresso non è sempre una linea retta. A volte ci sono deviazioni, a volte fossati. Come disse il grande scrittore scozzese Robert Louis Stevenson: Non giudicare il giorno dal raccolto ottenuto, ma dai semi messi a frutto. Abbiamo molti altri semi da piantare lungo questo sentiero, non raggiungeremo la nostra destinazione in un giorno o in una conferenza. Ma so che possiamo arrivarci. Siamo nel pieno della lotta per la vita, non dobbiamo arrenderci ora, né tantomeno farci da parte, ma proseguire fino in fondo. La COP-27 inizia ora».
Il commento di Etica Sgr a COP-27
«Di fronte alla catastrofe climatica non abbiamo il coraggio di cambiare davvero strada» ha commentato Ugo Biggeri, Presidente di Etica Sgr.
«Cosa rispondiamo alle persone giovanissime che ci vedono mettere a rischio il loro futuro? Con che faccia possiamo indicargli la strada? Come possono accettare i nostri insegnamenti? Se la politica, la finanza e l’economia non hanno il coraggio di fare ciò che è giusto, allora occorre che ognuno faccia la sua parte.
Per Etica Sgr non aver mai investito nell’estrazione delle fonti fossili non è un traguardo sufficiente. Bisognerà fare ancora di più e lo stiamo facendo misurando il nostro impatto e la Carbon Footprint per diminuire l’impronta di carbonio, senza lasciare indietro gli altri aspetti della sostenibilità. Come abbiamo sempre fatto dal 2000».
L’impatto ambientale di Etica Sgr
Nell’idea di investimento responsabile di Etica Sgr, l’obiettivo di ottenere potenziali
performance finanziarie positive va associato a quello di generare effetti positivi per l’ambiente e la società. Scegliere di investire in fondi sostenibili e responsabili vuol dire considerare anche l’impatto ESG (ambientale sociale e di governance).
Un’iniziativa rilevante in questo senso è sicuramente il Report di Impatto (è possibile scaricare il documento alla fine di questo articolo). Questo studio annuale illustra i risultati, in termini di impatto, degli investimenti azionari dei fondi di Etica Sgr dal punto di vista ESG rispetto al mercato di riferimento (MSCI World, il benchmark azionario dei fondi).
Tra i risultati ambientali, rispetto al mercato di riferimento, si legge che le società presenti nei portafogli dei fondi di Etica Sgr che hanno definito obiettivi allineati all’accordo di Parigi (Science Based Targets) sono +101%, quelle che hanno dichiarato un target di consumo di energia da fonti rinnovabili sono il +53% e, infine, le società che sviluppano iniziative per la tutela della biodiversità sono +32%.