Il consumo di suolo in Italia causa danni economici per oltre 400 milioni di euro l’anno. Lo mette nero su bianco l’Ispra (l’ente pubblico per la protezione e la ricerca ambientale) nel rapporto che fotografa lo stato di salute degli ambienti naturali dell’Italia. Ogni 24 ore perdiamo una superficie di suolo equivalente a 28 campi da calcio (20 ettari al giorno).
La funzione insostituibile del suolo: servizi, risorse e sicurezza
Cosa rappresenta, in concreto, la “perdita di suolo” e perché causa un così ingente danno economico? A causa dell’erosione del terreno si provocano danni praticamente irreparabili all’attività agricola, si peggiora la qualità dell’acqua e soprattutto si indebolisce la capacità del suolo di prevenire frane e mitigare l’impatto delle alluvioni.
Fatti che dimostrano come la nostra salute e sicurezza dipendano in larga misura dal suolo e dalle funzioni che questo assolve senza nemmeno che noi ce ne accorgiamo ed è per questo motivo che la perdita di superficie naturale come, per esempio, terreni boschivi, montani e tratti costieri a vantaggio dell’espansione delle aree artificiali comporta un peggioramento delle condizioni di benessere di ogni cittadino ed un aumento del rischio per la sicurezza collettiva. Basti pensare che già oggi ben 7 milioni di italiani vivono in aree che hanno una “pericolosità elevata” di alluvione.
Nonostante questo la risorsa-terra, che l’Ispra definisce come “base essenziale dell’economia, della società e dell’ambiente”, viene erosa anno dopo anno. Numeri? Eccoli: nel 2023 abbiamo “bruciato” 72,5 km², una superficie che equivale a quella ricoperta da tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze messi insieme. E pensare che nel 2023 è andata meglio rispetto al 2022, anno in cui il consumo di suolo si è attestato a 77 km2, ma comunque il dato del 2023 resta al di sopra della media di 68,7 km² del decennio 2012-2022. Contemporaneamente l’Ispra sottolinea che è troppo bassa la quota di aree naturali ripristinate, che non raggiunge nemmeno i 9 km quadrati, un valore “del tutto insufficiente” per raggiungere l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto che, negli ultimi dodici mesi, è risultato pari a 64,4 km². Per la precisione, il consumo di suolo “netto” è la differenza tra la quantità di suolo consumata (ad esempio, aree naturali trasformate in costruzioni o strade) e la quantità di suolo recuperata grazie a interventi come la demolizione di strutture, la rimozione dell’asfalto o cemento, e la rigenerazione delle aree naturali. In altre parole, si tratta del bilancio tra perdita e recupero di suolo.
Dati alla mano, nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 km², dei quali l’88% su suolo utile, come ad esempio aree destinate all’agricoltura, boschi o aree necessarie alla regolazione idrica. Tra i dati più critici del report Ispra, emerge l’aumento dell’erosione “irreversibile” misurata in base alle nuove impermeabilizzazioni permanenti, che hanno interessato 26 km² in più rispetto all’anno precedente. L’impatto della perdita di suolo si misura, inoltre, con l’indice di accessibilità agli spazi verdi pubblici il quale mostra come meno di un terzo della popolazione, che vive in area urbana, ha accesso a un’area verde entro un percorso a piedi inferiore ai 300 metri.
Il consumo di suolo in Italia per regione e provincia, il report Ispra 2024
In termini percentuali, la prima regione per suolo consumato al 2023 è la Lombardia dove l’erosione riguarda il 12,19% del territorio pari a 290mila ettari, segue il Veneto (11,86%) e la Campania (10,57%). Di contro, le regioni meno interessate dal fenomeno sono Valle d’Aosta con il 2,16%; Trentino Alto Adige (3,02%) e Basilicata (3,21%) a fronte di una media Paese del 7,16%. Nel confronto tra 2022 e 2023, invece, i territori dove il consumo di suolo è aumentato di più sono Veneto, dove l’incremento di terreno (espresso in ettari) è stato di 891 ha[1]; Emilia-Romagna (+815) e Lombardia (+780), ma anche Campania (+643) e Piemonte (+553). Tra tutte le regioni italiane solo Valle d’Aosta (+17) e Liguria (+28) hanno contenuto il consumo al di sotto dei 50 ettari.
Scendendo nel dettaglio provinciale, Monza e Brianza si attesta come la provincia con la percentuale di suolo artificiale più alta a livello nazionale, classificandosi come il territorio, tra tutte le 107 province del Paese, più “ricco” di coperture artificiali con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale seguita da Napoli (35%) e Milano (32%). Invece, le province che hanno registrato il maggiore incremento in termini di superficie consumata tra il 2022 e il 2023, sono Verona (+323 ettari), Roma (+254 ettari) e Cagliari (+199 ettari).
La risposta normativa: la Nature Restoration Law e la tutela degli ecosistemi
Esiste uno strumento normativo per contrastare il consumo di suolo: la Nature Restoration Law, prima legge europea sul ripristino della natura. La Direttiva stabilisce che in ogni zona agricola di ognuno dei Paesi UE ci devono essere (per una quota di almeno il 10%) campi non coltivati, stagni, ruscelli, filari di alberi ma anche muretti in pietra per ospitare animali e insetti, prevenire frane e proteggere la biodiversità, un termine veramente fondamentale, tanto che l’Ispra lo usa come chiave di lettura per definire la qualità ambientale: maggiore è la diversità biologica di un sistema, tanto più forte sarà la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti e minore la sua fragilità. In altre parole la biodiversità è un indice del nostro benessere, anche economico e può costituire la base per una revisione dei criteri con cui consideriamo il territorio e i suoi capitali.
Perché investire nell’ambiente
Il suolo è una risorsa preziosa e non rinnovabile, almeno nel breve periodo. La sua tutela, quindi, è diventata uno dei principali obiettivi perseguiti dalle organizzazioni nazionali e internazionali.
Etica Sgr, fin dalla sua nascita, è attenta al rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali e ha dimostrato di poter coniugare sviluppo, progresso e finanza con le ragioni della biodiversità e degli equilibri ecologici. Etica ha nella sua vision il superamento del trade-off tra ragioni economiche e ragioni ambientali, perseguendo un maggiore sviluppo produttivo e finanziario anche attraverso una scelta ecosostenibile.
Investire in fondi etici significa pianificare gli investimenti in ottica ESG (Enviromental, social and governance), coniugando valore economico e impatti positivi per ambiente e società.
Nel 2020 Etica Sgr ha aderito al Finance for Biodiversity Pledge, un’iniziativa promossa dalle istituzioni finanziarie della F@B Community dell’Unione Europea per tutelare e ripristinare la biodiversità. Etica Sgr è stata l’unica realtà italiana tra i 26 firmatari. Ad oggi, il gruppo dei sostenitori è salito a 170 istituzioni che rappresentano 22 trilioni di dollari di masse in gestione e che condividono le conoscenze, dialogano con le aziende e valutano l’impatto dei propri investimenti, fissando obiettivi specifici e rendicontando target e progressi. Attraverso questo impegno, le istituzioni finanziarie invitano i leader mondiali a invertire la tendenza dell’ultimo decennio per quanto riguarda lo sfruttamento ambientale.
Nel 2022 Etica Sgr ha sottoscritto, insieme a circa 80 investitori istituzionali di diverse nazionalità, la Dichiarazione degli Investitori sul Cambiamento Climatico per sollecitare i governi ad attuare politiche concrete per proteggere la diversità biologica. Etica Sgr sostiene anche Spring, la nuova iniziativa lanciata dai PRI (Principles for Responsible Investment) delle Nazioni Unite, finalizzata a preservare la biodiversità e combatterne la progressiva perdita. Spring si concentra sul dialogo diretto con imprese selezionate, al fine di promuovere prassi sempre più sostenibili tra gli investitori istituzionali ed è anche stata la prima società di gestione italiana ad aderire ai PRI nel 2009.
[1] La sigla “ha” indica l’ettaro, un’unità di misura equivalente a 10.000 metri quadrati, cioè un quadrato con lati di 100 metri.
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