Consumo di suolo: ogni secondo vengono “bruciati” 2 mq di terreno

consumo di suolo

“Là dove c’era l’erba ora c’è…”. Quella del ragazzo della via Gluck del lontano 1966 non era un ritornello, era una profezia. In Italia ogni secondo circa 2 metri quadrati di terreno vengono strappati all’agricoltura e ai boschi per essere trasformati in complessi residenziali, commerciali o industriali.

Lo rivela l’ultimo “Rapporto su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” redatto da SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) in collaborazione con ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e con le Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome (ARPA/APPA).

Questo dato ci fa capire come per invertire la rotta l’unica strada percorribile sia creare una società ecosostenibile, attenta alle preziose risorse del territorio e a chi ci abita.

È allarme: 2 mq di suolo consumati ogni secondo

Lo studio conferma una tendenza ormai consolidata negli ultimi dieci anni: la superficie coperta annualmente dal cemento supera di gran lunga quella dedicata alle aree naturali. Nel solo 2020, periodo di monitoraggio dell’ultimo rapporto SNPA, altri 56,7 chilometri quadrati (in media oltre 15 ettari) sono stati “consumati” ogni giorno per far posto a nuovi edifici, infrastrutture, centri commerciali, magazzini, industrie e uffici.

Di contro, è soltanto di 5 chilometri quadrati l’estensione degli appezzamenti che sono stati trasformati da suolo consumato ad aree naturali e agricole, ottenendo un saldo netto annuale di terreno cementificato pari a 51,7 chilometri quadrati. Colpisce lo scollamento tra demografia e cementificazione: nonostante la prima sia stazionaria (se non addirittura in calo), si assiste ad un aumento delle superfici artificiali, facendo lievitare da 357 a 359 mq il suolo cementificato pro capite.

Se poi a livello nazionale, la copertura artificiale del suolo ha raggiunto il 7,11% nel 2020, la media in Europa si attesta al 4,2%.

Consumo di suolo: Valle D’Aosta, Liguria e Umbria le più virtuose

Se si guardano i soli dati relativi al consumo totale di suolo annuale, si scopre che le regioni più virtuose nel 2020 sono state la Valle D’Aosta (con 6.993 ettari), la Basilicata (con 31.600 ettari) e il Trentino-Alto Adige (con 42.772 ettari).

Analizzando i dati sul consumo netto di suolo, la classifica delle regioni più sostenibili varia. In testa alla classifica troviamo sempre la Valle D’Aosta (che registra un valore di 13,87 ettari), seguita da Liguria (con 33,25 ettari) e Umbria (con 48,26 ettari).

Questo perché il consumo netto di suolo è la differenza tra l’estensione totale di terreno utilizzata per realizzare opere edilizie e l’estensione di terreno che è stata recuperata per finalità agricole o per creare nuove aree naturali.

Da questo punto di vista, Valle D’Aosta, Liguria e Umbria sono gli enti locali che hanno mostrato più attenzione alla sostenibilità poiché, pur consumando suolo a fini edilizi, hanno ricollocato un’area quasi pari al territorio consumato per ricreare zone a uso agricolo o area naturale.

Le regioni a cui spetta la maglia nera sono Lombardia e Veneto, che spiccano nella classifica per aver consumato più suolo, sia al lordo che al netto dei rimboschimenti e piantumazioni.

Lo strano caso nella provincia di Foggia

La classifica dei Comuni dove il cemento ha dilagato di più vede al primo posto Roma che nel solo 2020 registra un consumo di suolo netto di ben 123 ettari.

Nonostante la sua natura agricola, la città di Troia in provincia di Foggia è al secondo posto tra i Comuni che hanno “bruciato” più terreno nel 2020. L’incremento rispetto all’anno precedente è stato di 66 ettari di suolo netto: una superficie non trascurabile se si pensa che il Comune pugliese ospita circa 7 mila abitanti e si estende per 168,2 km².

Al terzo posto troviamo Ravenna, con 64 ettari di suolo netto consumato, in vetta alla classifica a causa della presenza di numerosi cantieri aperti a scopo residenziale, commerciale e logistico.

Gli obiettivi europei e internazionali di tutela del suolo

Già dal 1972 la Comunità europea aveva concentrato la sua attenzione sulla tutela del suolo con l’obiettivo di contrastare la sua crescente e rapida trasformazione in superficie artificiale.

Ma è a partire dagli anni successivi al 2000 che l’Europa e le Nazioni Unite hanno dato un’ulteriore spinta al processo di tutela ambientale e paesaggistica con l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050.

Se con la Strategia tematica per la protezione del suolo della Commissione Europea del 2006 è stato rimarcato l’impatto negativo sull’ambiente dell’impermeabilizzazione del suolo (soil sealing), è con il Settimo Programma di Azione Ambientale del Parlamento Europeo e con l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite del 2015 che sono stati definiti obiettivi stringenti:

  • Arrestare il degrado del territorio entro il 2030
  • Allineare crescita demografica e consumo del territorio entro il 2030
  • Azzeramento del consumo netto del suolo netto entro il 2050
  • Attuare misure e strategie mirate alla protezione dell’ambiente

Perché investire nell’ambiente 

Il suolo è una risorsa preziosa e non rinnovabile, almeno nel breve periodo. La sua tutela, quindi, è diventata uno dei principali obiettivi perseguiti dalle organizzazioni nazionali e internazionali.

Etica Sgr, fin dalla sua nascita, è attenta al rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali e ha dimostrato di poter coniugare sviluppo, progresso e finanza con le ragioni della biodiversità e degli equilibri ecologici.

Etica Sgr ha nella sua vision il superamento del trade-off tra ragioni economiche e ragioni ambientali, perseguendo un maggiore sviluppo produttivo e finanziario anche attraverso una scelta ecosostenibile.

Investire in fondi etici significa pianificare gli investimenti in ottica ESG (Enviromental, social and governance), coniugando valore economico e impatti positivi per ambiente e società.

 

Si prega di leggere le Note Legali.

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