Consumo d’acqua, con il boom dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) il fabbisogno idrico dei data center sta aumentando vertiginosamente.
Il consumo di acqua dei data center è sostenibile?
Numeri alla mano, nello stato americano della Virginia – dove si trova la più grande concentrazione di data center al mondo – la quantità d’acqua necessaria a raffreddare i computer e i server accesi 24 ore su 24 è aumentata del 65%, in appena quattro anni.
Ne scrive il Financial Times in un articolo che approfondisce il tema della “sete d’acqua” dell’Ovest americano. Nel 2023 (quando l’AI non aveva ancora pervaso l’economia mondiale) i data center statunitensi hanno consumato oltre 283,9 miliardi di litri d’acqua, con una media giornaliera per ogni data center di 1,7 milioni di litri. Questo significa che un singolo data center di medie dimensioni consuma ogni giorno una quantità d’acqua pari a quella che viene utilizzata quotidianamente da circa 1.500 famiglie americane.
Questo ingente consumo d’acqua diretto va a sommarsi al consumo idrico indiretto delle server farm, ovvero quello collegato alla richiesta di elettricità: un consumo “invisibile” ma che rappresenta la fetta più grande che compone l’impronta idrica di queste strutture, come afferma una ricerca pubblicata su Nature. Se per la generazione di energia elettrica i data center utilizzano anche fonti rinnovabili, nel caso dell’acqua usata per il raffreddamento, invece, il prelievo avviene in loco ovvero dai fiumi e dai bacini d’acqua dolce limitrofi. Per di più l’acqua prelevata non può essere riutilizzata perché in gran parte evapora a causa delle alte temperature dei server.
Episodi di siccità record sono sempre più comuni in tutto il mondo anche in zone storicamente non soggette al fenomeno della scarsità idrica e con la crescita della popolazione mondiale e il conseguente aumento della domanda di acqua, salvaguardare la capacità di fornitura idrica è sempre più urgente. Secondo le Nazioni Unite, entro il 2025, circa 1,8 miliardi di persone vivranno in aree con assoluta scarsità d’acqua e due terzi della popolazione mondiale affronterà condizioni di stress idrico.
Di fronte a questa situazione, il rapporto tra data center e acqua presenta diverse criticità: nel 2022, la società di rating Sustainalytics ha condotto uno studio sulla gestione delle risorse idriche da parte delle grandi aziende informatiche a livello globale. Solo il 16% di queste ha fornito informazioni sufficienti agli analisti per calcolare il consumo d’acqua, per di più tra le aziende che hanno condiviso i dati il 61% ha ottenuto una valutazione insufficiente[1] e solo il 5% ha ricevuto un giudizio pienamente positivo.
Un sondaggio condotto nel 2023 da Uptime Institute, una società di consulenza, ha rilevato che solo il 39% dei data center monitora il proprio consumo di acqua, un dato tra l’altro in calo di 12 punti percentuali rispetto al 2021. In passato, peraltro, le aziende tecnologiche si sono rifiutate di divulgare informazioni sul consumo di energia e acqua dei singoli centri, per poi tornare sui propri passi in seguito alle azioni legali da parte delle comunità.
Cosa c’entra l’Intelligenza Artificiale?
I data center in cui vengono addestrati e distribuiti i modelli di intelligenza artificiale sono estremamente energivori e contribuiscono al 2% del consumo globale di elettricità. Questi centri sono noti per la loro rilevante impronta di carbonio, legata alla produzione di energia elettrica, ma è meno conosciuto il loro elevato consumo idrico. Utilizzano grandi quantità d’acqua sia per il raffreddamento che per la generazione di elettricità a cui si aggiunge il consumo esterno per la produzione di componenti come i chip. Ogni conversazione con l’IA, che comprenda tra le 20 e le 50 domande, consuma mezzo litro di acqua.
In arrivo un sistema di valutazione dell’impatto ecologico dei data center
Un approfondimento di Bloomberg rivela l’aumento delle controversie legali tra i gestori dei data center e le comunità locali a causa della mancata trasparenza sull’uso delle risorse idriche: dal Cile all’Uruguay, passando per Virginia, Arizona e Nevada ma anche Europa. Nei Paesi Bassi, il caso è scoppiato quando un’agenzia di stampa locale ha riferito che un complesso di data center stava prelevando quattro volte più acqua rispetto a quanto dichiarato. Attualmente i grandi operatori mondiali dei data center stanno migrando verso luoghi dove l’acqua è abbondante, come la Norvegia, ma prendono in considerazione anche Paesi dove l’energia è più economica come Spagna e Italia. Infatti, secondo un rapporto dell’osservatorio sui data center del Politecnico di Milano, è prevista la costruzione di 83 strutture informatiche da parte di 23 soggetti imprenditoriali entro il 2025. Saranno investiti 5 miliardi di euro che dovranno necessariamente essere impiegati anche per garantire la sostenibilità ecologica di questi data center. Per questo è essenziale colmare l’attuale mancanza di una regolamentazione chiara e di un sistema trasparente per monitorare il loro consumo di risorse idriche ed energetiche.
A velocizzare il processo entra in gioco la Commissione Europea che, a marzo 2024, ha approvato un nuovo regolamento che istituisce un sistema di valutazione della sostenibilità dei data center. In base al regolamento entro il 15 settembre 2024 gli operatori dovranno riportare al database europeo i principali indicatori di performance idrica ed energetica, con il primo aggiornamento fissato entro il 15 maggio 2025. Al momento, gli obblighi di rendicontazione e le eventuali misure per la riduzione del consumo energetico e idrico riguardano solo i data center situati in Europa ma le normative ambientali dell’Ue spesso sono da modello per gli altri Paesi extraeuropei.
Le nuove normative fanno parte di un ampio pacchetto legislativo che mira a ridurre del 11,7% il consumo energetico complessivo entro il 2030 e i data center sono al centro di questa strategia dato che – si stima – consumano il 3% dell’energia totale dell’Ue, con una previsione di crescita fino al 3,2% entro il 2030. Ma c’è chi alza queste valutazioni come, per esempio, l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) che prevede che l’Irlanda, entro il 2030, raddoppi il consumo di elettricità da parte dei data center del Paese mentre in Danimarca questo consumo potrebbe aumentare addirittura di sei volte.
L’impegno di Etica Sgr per l’ambiente
Lo spreco di acqua e più in generale la gestione della risorsa idrica è uno dei temi di dialogo di Etica Sgr con le aziende nelle quali investono i fondi. L’obiettivo è proporre un uso più efficiente delle risorse naturali, sia in qualità sia in quantità, per spronarle ad adottare strategie sostenibili e responsabili.
Per Etica Sgr inserire nei programmi di sviluppo aziendale obiettivi di controllo dei consumi energetici e del consumo di acqua è un dovere oltre che un contributo reale allo sviluppo sostenibile. Per questo l’attenzione al consumo di acqua è un punto focale nell’analisi delle Società in cui investono i fondi di Etica Sgr.
Nell’ambito della propria metodologia di analisi, Etica Sgr è infatti dotata di specifici criteri riguardanti le performance ambientali dei processi di gestione dell’acqua e di una specifica sezione di analisi per le società che si occupano della gestione del sistema idrico integrato.
Sul tema Etica svolge poi una costante attività di engagement, anche in collaborazione con diverse organizzazioni che da tempo lavorano sul tema (ICCR, Global Compact, CDP).
[1] L’ indicatore valuta le iniziative delle aziende per ridurre l’uso di acqua potabile, gli obiettivi futuri e le scadenze per la riduzione dell’impronta idrica – Fonte: ESG Risks Affecting Data Centers: Why Water Resource Use Matters to Investors – Morningstar Sustainalytics
Si prega di leggere le Note legali.