Climate Whiplash, le fluttuazioni estreme del clima ci riguardano

L’espressione Climate Whiplash (Frusta Climatica in italiano) descrive fenomeni di rapidi e drastici cambiamenti climatici, che oscillano tra estremi opposti. Può manifestarsi, ad esempio, come un passaggio repentino da periodi di siccità estrema a piogge torrenziali e inondazioni, o da temperature insolitamente alte a gelate improvvise.

Il Climate Whiplash è motivo di preoccupazione poiché ecosistemi e società umane faticano ad adattarsi a variazioni così rapide e estreme. Le conseguenze possono essere disastrose: la distruzione di habitat, perdite agricole, problemi nell’approvvigionamento idrico e danni infrastrutturali. Il cosiddetto ‘colpo di frusta’ può complicare le sfide legate al cambiamento climatico globale, rendendo più ardua la previsione e la gestione degli impatti climatici.

Climate Whiplash, ribaltamenti e colpi di frusta del clima 

Sono milioni le persone che si trovano sospese tra siccità estrema e inondazioni. Ne parla l’organizzazione non profit internazionale Water Aid  nel documento Climate Whiplash.

Le immagini satellitari contenute nel rapporto rivelano che aree un tempo soggette a frequenti siccità ora subiscono il fenomeno opposto, le inondazioni. E altre regioni storicamente vulnerabili a inondazioni, adesso patiscono la siccità. I ricercatori si sono trovati davanti a fenomeni mai osservati prima: un vero ribaltamento del clima con l’effetto di un meteo che passa, in una stessa stagione, dalla siccità alle inondazioni. Water Aid chiama questi fenomeni “fluttuazioni estreme” perché causate da un movimento brusco del clima, un cambio di direzione che ricorda la sferzata di un colpo di frusta, whiplash in inglese.

In Italia a proposito del “colpo di frusta del clima” qualcosa sappiamo, perché è esattamente quello che è successo nel nostro Paese durante le ultime due estati e che non possiamo più chiamare semplicemente “maltempo”. La siccità e le inondazioni che hanno colpito prevalentemente il nord Italia rappresentano infatti un caso climatico d’importanza internazionale tanto da “meritarsi” un focus nel report di Water Aid che rivela come il clima dell’Italia stia diventando sempre più simile a quello dell’Etiopia, uno tra i Paesi al mondo che sperimentano le siccità più estreme.

Il rapporto identifica l’Italia proprio come il paese più idoneo per un confronto ideale con gli altri Paesi oggetto dell’analisi: Pakistan, Etiopia, Uganda, Burkina Faso, Ghana e Mozambico. Il confronto serve per due ragioni: prima di tutto per mostrare come aree del mondo con climi diversi possano improvvisamente allinearsi lungo la stessa “traiettoria di cambiamento climatico” e, secondo, per fare emergere con più chiarezza l’impatto che l’imprevedibilità delle “fluttuazioni estreme” ha nei Paesi più poveri, quelli dove il “brutto tempo” è in grado di distruggere nel giro di poche settimane un’intera economia.

climate whiplash

Fenomeni climatici estremi: prepararsi all’imprevedibilità

È il caso delle regioni del Pakistan, del Burkina Faso e del Ghana settentrionale che, tradizionalmente soggette a condizioni di caldo secco, hanno subito negli ultimi anni una repentina trasformazione diventando sempre più umide e suscettibili a inondazioni; al contrario la regione dello Scebeli, nel sud dell’Etiopia, spesso colpita da inondazioni mostra ora una tendenza verso una siccità prolungata, mentre il Mozambico, rivelano gli autori del report, è colpito da un “mix caotico” di entrambi gli estremi. Questi cambiamenti non sono solo fenomeni atmosferici da cui difendersi ma portano a dover rimodellare interi territori: comunità che non hanno mai subito inondazioni devono costruire case su terreni più elevati, territori mai soggetti a frane devono far crescere intere foreste di bambù nei nuovi punti critici per prevenire gli smottamenti del terreno, una stagione delle piogge irregolare alternata da periodi di siccità rende imprevedibile l’andamento di un raccolto e porta a dover ripensare radicalmente l’economia di sussistenza agricola.

L’acqua nel quadro globale dell’adattamento climatico

Ma questa è solo la punta dell’iceberg: oltre a stravolgere l’economia di un Paese, la sua agricoltura e a rimodellare posizione e forma degli edifici, nei Paesi poveri le criticità legate all’acqua mettono a rischio milioni di vite e innescano pericolose reazioni a catena: scarsi raccolti, epidemie e contaminazione dei pozzi diventano causa di migrazioni di massa che comportano emergenze umanitarie e pressione dei profughi lungo i confini: una destabilizzazione che può degenerare in conflitti armati. Il Centro di ricerca della Commissione europea afferma che nei Paesi a rischio di severa siccità o inondazioni la probabilità di conflitti “idro-politici” nei prossimi 50 anni è del 75%.

Per prevenire questo scenario qualcosa si muove, ma troppo lentamente. Nel 2022 la Cop27 di Sharm el-Sheikh ha riconosciuto la gravità della crisi idrica soprattutto nelle aree più povere del pianeta ma è stato solo in occasione della Cop28 del 2023 di Dubai che l’acqua è diventata il primo punto del quadro generale di attuazione dell’Obiettivo globale sull’adattamento (GGA). Se prima le crisi idriche d’acqua dolce erano inquadrate come problematicità a livello locale ora invece sono, come afferma lo Stockholm international water institute, riconosciute come il fulcro globale dei processi di adattamento climatico.

Il nuovo framework di adattamento climatico afferma che per evitare catastrofi umanitarie, guerre ed epidemie occorre che ogni azione politica abbia come premessa la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle persone emarginate e più vulnerabili. Così come è necessario implementare sistemi di allarme rapido, proteggere l’ecosistema, promuovere la riforestazione e tutelare le acque interne dei Paesi poveri. Buoni propositi, ottime indicazioni ed eccellenti idee, ma il problema è che ciò che emerso dalla Cop28 non è un obbligo ma unicamente un vademecum, nient’altro che delle linee guida facoltative. Non esiste infatti nessuno strumento internazionale dedicato ad attivare gli investimenti necessari per raggiungere gli Obiettivi globali di adattamento. Dovremo aspettare la prossima Cop29 che si terrà a novembre 2024 in Azerbaigian?

Ma c’è un ultimo, e non meno importante, motivo per il quale un’azione globale a difesa dell’acqua è indispensabile. L’abbandono progressivo dei combustibili fossili comporta, ovviamente, un aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e buona parte delle rinnovabili dipendono proprio dalla disponibilità di acqua. Per questo gli autori del Climate Whiplash avvertono che ogni sforzo per affrontare la transizione energetica e contrastare l’aumento delle temperature risulterà inefficace se non si attribuisce priorità alla sicurezza idrica. Che, per essere efficace, avrebbe bisogno di un raddoppio (rispetto al 2019) dei finanziamenti pubblici e privati destinati a mitigare gli effetti di un clima sempre più imprevedibile.

 

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