Gli incendi che hanno colpito Los Angeles nei primi giorni del 2025 hanno bruciato 151 chilometri quadrati di territorio, causato la morte di 29 persone e la distruzione di più di 16mila edifici. Una devastazione con ben pochi precedenti che, secondo la stima di JPMorgan Chase, ha causato più danni economici di qualsiasi altro incendio nella storia americana: oltre 50 miliardi di dollari. La portata del disastro è sconcertante anche perché si è abbattuto su un territorio abituato a reagire agli eventi estremi: Los Angeles, seconda città d’America, è soggetta a un alto rischio d’incendi, inondazioni e terremoti ma si è dimostrata del tutto impreparata nel rispondere a un evento estremo come quello degli incendi. Come mai? L’impreparazione si spiega, almeno in parte, con il fatto che il primo mese dell’anno per la California è storicamente la stagione delle piogge, non della siccità. Il fatto è che, come ha sottolineato l’ex vice presidente americano Al Gore, dividere i mesi piovosi da quelli a rischio incendi è anacronistico.
Incendi di Los Angeles: il cambiamento climatico ha aumentato probabilità e intensità dei roghi
A confermarlo sono i dati del World Weather Attribution (WWA), un think tank internazionale di scienziati climatici che cercano di rispondere a due domande decisive per il nostro futuro: c’entra il cambiamento climatico con le devastazioni che la natura infligge al territorio? E se sì quanto? Secondo lo studio, le condizioni anomale che hanno favorito gli incendi di Los Angeles sono diventate del 35% più probabili rispetto al periodo pre-industriale e hanno aumentato il potenziale distruttivo degli incendi del 6%. A risultare fatale per la regione è stata la rapida successione di eventi climatici estremi che hanno creato le condizioni ideali per una propagazione dei roghi senza precedenti. Un fenomeno sempre più frequente in tutto il mondo che prende il nome di “colpo di frusta climatico”, in inglese Climate Whiplash.
L’espressione Climate Whiplash descrive repentini e drastici cambiamenti climatici che oscillano tra estremi opposti, un fenomeno che si manifesta, ad esempio, con il rapido alternarsi di siccità estrema e piogge torrenziali, oppure con sbalzi improvvisi da temperature insolitamente alte a forti gelate, esattamente quello che è successo a Los Angeles.
Durante l’inverno del 2024, la California meridionale è stata colpita da precipitazioni eccezionalmente intense, alimentate da una serie di fiumi atmosferici che hanno scaricato enormi quantità di pioggia sulla regione. Questo ha favorito una crescita rigogliosa della vegetazione e creato un surplus di legna destinata a seccarsi nei mesi a venire in attesa della successiva stagione delle piogge che, tuttavia, non si è mai verificata. Al suo posto oggi, a un anno di distanza, Los Angeles sta affrontando una siccità senza precedenti, l‘ultima volta che la città ha registrato più di 2,5 millimetri di pioggia risale infatti al 5 maggio 2024. In pratica la vegetazione cresciuta dopo le forti piogge è diventata il carburante per le fiamme che, a causa di venti eccezionalmente forti e dell’attuale clima secco, si sono propagate come mai prima.
Ma a rendere i roghi così implacabili ed estesi contribuisce, in grande misura, anche il costante aumento delle temperature che, unito a lunghi periodi di siccità, crea le condizioni ideali per lo sviluppo degli incendi boschivi. Di conseguenza, il rischio non è più confinato solo alla California, ma si sta estendendo a un’area sempre più vasta degli Stati Uniti occidentali. Un fenomeno analogo si osserva anche in Europa, dove gli incendi boschivi stanno diventando sempre più frequenti e distruttivi.
Riscaldamento globale, in cifre
|
In Europa bruciati 5.500 km²: il ruolo del Piano europeo per il ripristino della natura
I dati Eurostat, evidenziano che negli ultimi anni l’Europa ha affrontato alcune delle peggiori stagioni di incendi mai documentate, con un significativo aumento delle superfici colpite dal fuoco. In Italia, il quadro delineato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) è allarmante. Durante il 2023, gli incendi boschivi hanno devastato una superficie complessiva di 1.073 km² (107.300 ettari, equivalenti a circa 150.000 campi da calcio). La situazione nel 2024 non ha mostrato segni di miglioramento. Nei primi otto mesi dell’anno, circa 40 km² (4.000 ettari, pari a oltre 5.600 campi da calcio) di superficie forestale sono stati distrutti dalle fiamme. Successivamente, tra il 15 giugno e il 15 settembre 2024, gli incendi hanno interessato ulteriori 45.783 ettari di territorio, di cui 8.890 ettari di boschi. Le regioni dove si sono verificati più incendi sono Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia, mentre tra le province, è Agrigento quella maggiormente colpita.
Ogni anno in Europa le fiamme bruciano boschi e aree rurali per una superficie superiore a 700mila campi da calcio di cui oltre 1.000 km quadrati di aree naturali protette. A questa emergenza tenta di dare una risposta la legge per il ripristino della natura che rappresenta un dispositivo chiave negli sforzi di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Questa normativa mira a ripristinare gli ecosistemi degradati, riducendo la vulnerabilità dei territori alle calamità naturali come incendi, inondazioni, siccità e ondate di calore. Le foreste ripristinate attraverso una maggiore diversificazione delle specie arbore sono in grado di trattenere l’umidità del suolo e ridurre l’evaporazione. Accanto a questo, è essenziale anche una gestione sostenibile delle risorse idriche, elemento cruciale nella lotta contro l’avanzare degli incendi boschivi.
Investire nel futuro: la finanza etica contro il cambiamento climatico
Il cambiamento climatico ha un impatto diretto sull’economia globale e può causare ingenti perdite finanziarie. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), tra il 1980 e il 2022 i Paesi dell’Unione Europea hanno subito danni economici per oltre 560 miliardi di euro a causa di eventi climatici estremi, con il 10% di queste perdite registrato nel solo 2021. Questo fenomeno genera un doppio rischio per il sistema economico e finanziario: il rischio fisico, derivante da eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti, e il rischio di transizione, legato a cambiamenti normativi, tecnologici e di mercato volti a contrastare la crisi climatica. Se non adeguatamente gestiti, entrambi possono compromettere la stabilità economica e finanziaria.
Ognuno può contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico anche attraverso scelte finanziarie consapevoli. Etica Sgr promuove un approccio d’investimento che integra i rischi e le opportunità climatiche nella gestione dei portafogli, selezionando titoli in linea con la transizione ecologica e sostenendo un’economia più sostenibile. La metodologia proprietaria di selezione dei titoli, chiamata ESG EticApproach®, sottopone gli Stati e le società a un doppio screening per individuare i Paesi più virtuosi dal punto di vista socio-ambientale e le aziende più attente alla sostenibilità e al benessere collettivo. Solo gli emittenti cosiddetti “best in class”, i migliori nel settore di appartenenza, entrano a far parte del paniere dei fondi di Etica Sgr.
Oltre alla selezione dei titoli, Etica Sgr porta avanti un dialogo attivo con le aziende e le istituzioni per stimolare un cambiamento concreto. Etica si impegna in una comunicazione costruttiva con le società emittenti, attraverso incontri, workshop e scambi di corrispondenza, per incoraggiare pratiche più sostenibili su temi ESG rilevanti. Inoltre, esercita un’azione di azionariato attivo, partecipando alle assemblee degli azionisti e votando su decisioni strategiche per promuovere una maggiore attenzione agli impatti ambientali e sociali. Questo impegno si estende anche all’advocacy, con cui dialoga con governi, regolatori e organismi di standardizzazione per integrare i criteri ESG nelle politiche pubbliche, contribuendo così a creare un quadro normativo favorevole alla transizione ecologica.
Contribuire a contrastare il fenomeno del cambiamento climatico permette di orientare i capitali nella giusta direzione, anche in ottica di risultati. Nel 2022 il presidente del World Economic Forum Børge Brende ha dichiarato che «il costo dell’inazione supera di gran lunga il costo dell’azione». La crisi climatica non ci conviene, non soltanto per le conseguenze sul Pianeta, ma anche in termini economici.