Net zero, o ‘obiettivo net zero’, si riferisce all’intento di bilanciare la quantità di gas a effetto serra emessa nell’atmosfera con la quantità che viene rimossa. Il concetto di net zero implica la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra a un livello tale che qualsiasi emissione residua può essere neutralizzata attraverso processi di assorbimento o rimozione di CO2.
La ragione per cui molte nazioni e organizzazioni stanno puntando a un obiettivo di “net zero” è legata alla necessità di limitare il riscaldamento globale. Il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) afferma che per limitare l’aumento della temperatura media globale a 1.5°C sopra i livelli pre-industriali, il mondo deve raggiungere le emissioni nette zero di CO2 entro il 2050. Questo è considerato fondamentale per evitare gli effetti più catastrofici del cambiamento climatico.
In altre parole, net zero significa ridurre le emissioni di gas serra il più vicino possibile allo zero e contemporaneamente compensare le emissioni residue finanziando progetti per rimuovere l’anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera, come ad esempio la riforestazione o l’adozione di tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio.
La fantascienza di ieri è diventata la missione del nostro presente, siamo davanti ad una sfida enorme, che può essere vinta solo attraverso l’impegno collettivo, una cooperazione internazionale per la quale è indispensabile l’impegno di tutti i componenti della società: dai cittadini alle istituzioni, dalle aziende di tutti i settori economici, al mondo della finanza. Non sarà facile. È inutile nascondere che sarà necessaria un’enorme mole di lavoro per far sì che le ambizioni di oggi diventino realtà domani. Sono necessari coraggio, per affrontare i cambiamenti e intraprendenza per renderli concreti, ma soprattutto è indispensabile una visione comune che permetta di trascendere le differenze politiche e impedire che le diverse capacità di cui dispongono i Paesi per realizzare la transizione verso un modello economico sostenibile non siano un ostacolo o un fattore di rallentamento.
Ma a che punto siamo? Per una panoramica esaustiva, è possibile ripercorrere la storia recente degli impegni sul clima, andando a rileggere i nostri approfondimenti: di seguito esaminiamo l’evento che orienterà la direzione dell’impegno mondiale per contenere le emissioni climalteranti e raggiungere entro il 2050 l’obiettivo net zero: la Cop28.
Perché la Cop28, in programma a Dubai dal 20 novembre al 12 dicembre 2023, è così importante?
Per la prima volta a ricoprire la carica di Presidente della Conferenza delle Parti ci sarà un amministratore delegato, e non uno qualunque ma il Ceo della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), l’azienda petrolifera di bandiera degli Emirati Arabi Uniti. La dodicesima compagnia petrolifera al mondo per produzione di greggio.
Il pericolo che questa direzione possa compromettere i negoziati sul clima (e quindi incentivare l’ennesimo annacquamento delle ambizioni di transizione) risulta evidente anche senza aver letto l’inchiesta del Center for Climate Reporting pubblicata dal Guardian che svela come almeno dodici dipendenti di ADNOC faranno parte della delegazione degli Emirati Arabi Uniti alla Cop28.
Lo scoop non sorprende, l’obiettivo della Cop28 infatti è esattamente quello di coinvolgere chi conosce sia le energie rinnovabili che quelle tradizionali come afferma Frans Timmermans (vicepresidente della Commissione Ue e Commissario per il clima) riferendosi al Ceo di ADNOC Sultan Ahmed Al Jaber, già ministro dell’Industria e della tecnologia avanzata degli Emirati Arabi Uniti ma, soprattutto, presidente di Masdar la società di energia rinnovabile di proprietà del governo degli Emirati Arabi Uniti che hanno sviluppato e investito in progetti di energia green in 40 paesi.
Il paradosso sembrerebbe servito: l’UE, l’istituzione politica più impegnata nella realizzazione degli obiettivi di decarbonizzazione, muove il più rilevante endorsement a favore di Al Jaber. Le parole di Frans Timmermans a proposito non lasciano dubbi:
“credo che la gente si stia concentrando troppo sul suo ruolo di amministratore delegato di una compagnia petrolifera (…) dovrebbero invece guardare a ciò che ha fatto negli ultimi anni (…) ha guidato l’iniziativa per portare l’industria del petrolio e del gas in un mondo sostenibile”.
Il tempo a nostra disposizione per invertire la rotta e limitare il riscaldamento globale è prossimo a scadere per questo la fiducia del Commissario UE non può, non deve, rilevarsi errata. Oltretutto l’imminente Conferenza Onu delle Parti si posiziona esattamente a sette anni di distanza dall’accordo di Parigi e a sette anni dal 2030 (data obiettivo dell’Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile).
Non è quindi la “solita Cop” ma un incontro al vertice fondamentale, durante il quale i decisori politici e la comunità scientifica mondiale saranno chiamati a sviluppare una valutazione completa dei progressi compiuti dall’adozione dell’accordo di Parigi ad oggi. L’obiettivo finale della Cop28 di Dubai è allineare definitivamente gli sforzi sull’azione per il clima, soprattutto per quanto riguarda le misure che attendono ancora di essere messe in atto. Come ad esempio il fondo Loss and Damage.
Finanza e obiettivo net-zero: una questione che ci riguarda da vicino
Questi i macro-temi che animeranno le quattro giornate tematiche della Conferenza delle Parti di Dubai:
- Tecnologia e Innovazione
- Inclusione
- Comunità
- Finanza
Ma cosa può fare la finanza per aiutare a raggiungere l’obiettivo net-zero? Sulle sue spalle grava una responsabilità cruciale. Le istituzioni finanziarie infatti possono accelerare e amplificare l’azione globale per contrastare il cambiamento climatico, dando forma a un nuovo scenario di investimenti in linea con gli obiettivi globali per la riduzione delle emissioni e la promozione di fonti energetiche sostenibili.
Il mercato dei capitali è deputato a essere la leva strategica e indispensabile per finanziare la transizione verde e nel farlo è chiamato a un cambiamento epocale: non ragionare più esclusivamente in termini di profitto ma ripensare il proprio ruolo all’interno della società per contribuire attivamente allo sviluppo di un “valore condiviso”.
Una svolta necessaria tanto più che gli investimenti pubblici non saranno sufficienti per finanziare la transizione verde ma necessitano dell’apporto di quelli privati, come si legge nel piano industriale del Green Deal per un’industria europea a zero emissioni nette.
Questo non significa limitare gli obiettivi di profitto del privato bensì allinearli, in modo concreto e misurabile, ai principi che consentono uno sviluppo economico sostenibile, privilegiando una direzione negli investimenti rispettosa dell’ambiente e dei diritti umani e che, inoltre, permetta di aumentare la fiducia ed il consenso da parte della collettività nei confronti delle imprese.
Il ruolo del pubblico tuttavia non si riduce ad “aspettare” i capitali privati ma è suo compito “sbloccarli” adottando diverse azioni per attirare e accelerare i finanziamenti privati verso il Green Deal; ed è quello che l’Unione Europea sta provando a fare (ad esempio con la Tassonomia green).
Consulta l’infografica riepilogativa per orientarti tra i dispositivi che l’Unione Europea ha adottato per attirare finanziamenti privati verso il Green Deal:
E se la sostenibilità non bastasse? L’importanza di un approccio etico e concreto
Nonostante gli sforzi evidenti, non siamo ancora sulla buona strada, a dirlo è l’ultimo Rapporto di sintesi (AR6) del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico che mette in evidenza come le emissioni globali di gas serra siano ancora superiori ai livelli necessari per limitare il riscaldamento a 1,5°C o 2°C, questo vuol dire che rischiamo di perdere l’ultima occasione per “raffreddare” il Pianeta.
Certo, il numero di impegni a zero emissioni nette è cresciuto rapidamente negli ultimi anni ma non tutti questi impegni sono uguali. Alcuni sono più ambiziosi di altri certo, uno dei problemi che frena la corsa verso la decarbonizzazione è il net-zero washing, la pratica che consiste nel dichiarare che un’organizzazione o un prodotto siano a zero emissioni nette, quando in realtà non lo sono.
Questo può manifestarsi quando le aziende non solo scelgono di compensare anziché ridurre le emissioni, ma lo fanno anche con crediti di carbonio generati da progetti che non hanno un reale impatto sulla riduzione delle emissioni di gas serra, parliamo dei cosiddetti crediti di carbonio di bassa qualità (che portano pochi risultati in ottica di compensazione delle emissioni) e dei crediti di carbonio “fantasma” che non portano a nessuna riduzione.
In un contesto complesso qual è il valore aggiunto della finanza responsabile? La finanza etica può aumentare la consapevolezza dei problemi ambientali tra gli investitori e il pubblico e aiutare a ri-orientare gli investimenti verso progetti e imprese sostenibili che tengano conto dell’impatto ambientale. Questo può includere investimenti in energie rinnovabili, progetti di conservazione, agricoltura sostenibile e tecnologie pulite.
L’analisi dei rischi legati al cambiamento climatico e alla sostenibilità inoltre aiuta aziende ed investitori a ridurre il loro rischio finanziario a lungo termine. Questi rischi possono includere sia rischi fisici (ad esempio, danni da eventi climatici estremi) che rischi di transizione (come nuove leggi o regolamenti ambientali).
L’impatto ambientale di Etica Sgr
Nell’idea di investimento responsabile di Etica Sgr, l’obiettivo di ottenere potenziali performance finanziarie positive va associato a quello di generare effetti positivi per l’ambiente e la società. Scegliere di investire in fondi sostenibili e responsabili vuol dire considerare anche l’impatto ESG (ambientale sociale e di governance).
Un’iniziativa rilevante in questo senso è sicuramente il Report di Impatto (è possibile scaricare il documento alla fine di questo articolo). Questo studio annuale illustra i risultati, in termini di impatto, degli investimenti azionari dei fondi di Etica Sgr dal punto di vista ESG rispetto al mercato di riferimento (per il 2021 l’indice MSCI World Net Total Return, in euro).
Tra i risultati ambientali, rispetto al mercato di riferimento, si legge che le società presenti nei portafogli dei fondi di Etica Sgr che hanno definito obiettivi allineati all’accordo di Parigi (Science Based Targets) sono il 101% in più rispetto al mercato, quelle che hanno dichiarato un target di consumo di energia da fonti rinnovabili sono il 53% in più e, infine, le società che sviluppano iniziative per la tutela della biodiversità sono il 32% in più (sempre rispetto al mercato di riferimento).
Si prega di leggere le Note legali.