L’inquinamento da plastica è diventato uno dei problemi ambientali più urgenti e pressanti che affliggono il nostro Pianeta. Negli ultimi decenni, l’uso massiccio di plastica e la sua gestione inadeguata hanno portato a un accumulo senza precedenti di rifiuti plastici in tutto il mondo.
Ogni anno, milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nei nostri oceani, terreni e aree urbane, causando un impatto devastante sugli ecosistemi e sulla salute umana.
Conoscere i numeri dell’inquinamento da plastica è il primo passo per comprendere l’entità del problema. Da qui, possiamo cercare insieme soluzioni innovative e pratiche per ridurre il nostro impatto e contribuire a un futuro più pulito e verde.
I numeri dell’inquinamento da plastica nel mondo
Ogni anno negli oceani, nei fiumi e nei laghi si riversano 23 milioni di tonnellate di plastica pari al peso di 100mila statue della Libertà, senza un intervento radicale le stime prevedono che questa quantità triplicherà entro il 2060.
Nel giro di tre decenni la produzione di plastica ha raggiunto numeri esorbitanti a fronte di un’attività di riciclo esigua che oggi raggiunge appena il 10% di tutti i rifiuti plastici. Il ritardo nel rendere operative soluzioni efficienti in ottica di economia circolare ha fatto si che oggi, nell’acqua e nell’ambiente, siano presenti 8 miliardi di rifiuti primari in plastica. Esatto, una tonnellata per ogni essere umano sulla terra.
Non tutta la plastica finisce in mare o nell’ambiente, degli oltre 400 milioni di tonnellate di plastica prodotte all’anno a livello mondiale il 12% viene incenerito: una soluzione sostenibile? La risposta è negativa. Per ogni tonnellata di plastica bruciata vengono immesse in atmosfera più di due tonnellate di CO2 insieme a diossine e furani, elementi che portano a un inquinamento cronico perché particolarmente stabili e persistenti nell’ambiente, tossici per l’uomo, gli animali e l’ambiente stesso.
Il primo trattato internazionale contro l’inquinamento da plastica
Al Palazzo dell’Unesco di Parigi il 9 giugno si è riunito il Comitato intergovernativo di negoziato del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) con un obiettivo preciso: creare il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante contro l’inquinamento da plastica, di tutta la plastica anche quella invisibile, con entrata in vigore nel 2024. Perché invisibile?
Dei quasi 180 stati presenti ai colloqui di Parigi 135 chiedono regole globali vincolanti piuttosto di un accordo volontario a discrezione dei singoli. L’ONU sostiene che l’attuazione di questi accordi potrebbe ridurre la produzione dell’80% entro il 2040. Mettere fine alla produzione di plastica monouso potrebbe essere un successo diplomatico globale di una portata paragonabile al Protocollo di Montreal, lo strumento operativo dell’UNEP, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite, per l’attuazione della Convenzione di Vienna a favore della protezione dell’ozono stratosferico. Entrato in vigore nel gennaio 1989, ad oggi, è stato ratificato da 197 Paesi tra i quali l’Italia nel dicembre 1988.
Uno degli obiettivi di questo primo di cinque negoziati intermedi è anche quello di stabilire se l’inquinamento da plastica è da considerarsi unicamente un problema ambientale o se va riconsiderato alla luce del rischio chimico, in parole semplici se dobbiamo incominciare a parlare non solo di inquinamento ma anche di contaminazione da plastica e del suo grado di criticità.
Responsabile del rischio chimico e della contaminazione da plastica è niente meno che il processo di frammentazione dei rifiuti plastici, che genera le cosiddette microplastiche, cosi micro da essere appunto invisibili a occhi nudo.
Secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, le microplastiche sono frammenti di qualsiasi tipo di plastica di lunghezza inferiore a 5 mm presenti in tutti gli ecosistemi e purtroppo anche nell’organismo degli esseri viventi.
Bisogna sottolineare inoltre che le microplastiche non si riversano nell’ambiente solo attraverso la frammentazione dei rifiuti ma anche tramite l’uso di cosmetici, attraverso i processi industriali o l’usura delle gomme delle automobili.
I danni dell’esposizione alle microplastiche
Quanto sono pericolose le microplastiche? La risposta vi stupirà, la comunità scientifica non sa ancora dire quanto, la stessa Organizzazione mondiale della sanità nello studio sulle microplastiche nell’ambiente afferma che sono necessari altri dati per poter dipanare le “attuali incertezze” sui rischi per la salute associati all’esposizione alle microplastiche. Tuttavia, anche se non ci sono ancora prove di un rischio ecologico critico derivante dall’inquinamento da microplastiche è altamente probabile che i rischi diventeranno seri se l’inquinamento da plastica continua al ritmo attuale.
Ed è proprio su questo punto che si manifesta il nodo gordiano che il Comitato intergovernativo di negoziazione ONU è chiamato a sciogliere nei prossimi appuntamenti.
Se i prossimi studi determineranno lo stato di avanzamento della contaminazione da plastica verso livelli medio-alti sarà necessario ripensare tutto l’approccio di diminuzione del danno ora guidato dall’economia circolare, questo vuol dire non ragionare più solamente in termini di riciclo, che equivale a reintrodurre nell’ambiente materiale inquinante, ma trovare la determinazione necessaria per uscire, a livello globale, dalle nostre zone di comfort sviluppando soluzioni innovative per consentire la transizione verso un’economia circolare della plastica ecologicamente neutra e, successivamente, per avviarci verso un mondo senza più plastica monouso.
Prossimo appuntamento il 15 settembre 2023, quando i delegati presenteranno i principi d’attuazione e la portata dello strumento legislativo che getterà le basi per il programma di lavoro della prossima sessione di negoziato del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite per l’ambiente.
Etica Sgr, protagonista nella lotta all’inquinamento da plastica
Anche il sistema finanziario può fare qualcosa per ridurre l’inquinamento da plastica. In Etica Sgr abbiamo deciso di fare la nostra parte promuovendo la blue economy e il progetto “A line in the sand – The New Plastic Economy“. Un accordo globale per eliminare il problema della plastica e salvaguardare la vita negli oceani. Come? Sostenendo il passaggio dalla cosiddetta economia lineare – produco, uso e getto – all’economia circolare, dove ogni prodotto viene prodotto per essere usato, riutilizzato e riciclato, riducendo così al minimo i rifiuti.
Nello specifico le aziende che aderiscono alla campagna si impegnano a eliminare gli imballaggi in plastica problematici o non strettamente necessari attraverso l’innovazione, la riprogettazione e lo studio di nuovi modelli di consegna. Si impegnano inoltre ad applicare modelli di riutilizzo, laddove possibile, per eliminare la necessità di imballaggi monouso. Tra i firmatari dell’accordo, ricordiamo, ci sono numerose aziende multinazionali che producono il 20% di tutti gli imballaggi di plastica prodotti nel mondo.