Economia circolare, un potenziale di 3 mila miliardi di dollari in termini di nuove opportunità di business. È questa la cifra stimata dal World Economic Forum annunciata in occasione del vertice di Davos, l’appuntamento annuale con i protagonisti dell’economia mondiale.
Il modello è basato sulla circolarità tra produzione, consumo e riuso, in cui niente (o quasi) si butta, ma tutto si ricicla. Risultato: meno spreco, minore consumo di risorse preziose, meno inquinamento.
Un modello sostenuto dall’Europa, ma non solo
È il modello a cui punta l’Unione Europea: a maggio 2018 è stata approvata una legislazione vincolante che impone agli Stati membri un concreto cambio nella cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”. L’obiettivo è cambiare la modalità dello smaltimento e del riuso, nonché la responsabilità sulla loro produzione.
Per raggiungerlo occorre aumentare il riciclo fino al 60% nel 2030, spingendo la differenziata e introducendo anche la raccolta di materiali tessili entro il 2025. Viene introdotto anche il concetto di responsabilità per le aziende, che saranno chiamate ad occuparsi dei loro prodotti anche quando questi diventeranno rifiuti e offrendo loro incentivi per il riuso delle materie prime.
In prima linea anche la Cina, la più grande economia manifatturiera al mondo. Già nel 2008 ha varato la cosiddetta “Legge di promozione dell’economia circolare” che, con successivi piani di sviluppo quinquennali, prevede uno spostamento verso il riuso, con la creazione di parchi industriali destinati alla conversione dei rifiuti e con l’introduzione di obiettivi per la riduzione dell’inquinamento delle acque e del terreno.
I quattro pilastri dell’economia circolare
Risparmi generati dai modelli di business circolari. È il caso della sharing economy – in italiano “economia della condivisione” – basata sulla condivisione delle risorse e l’accesso libero, piuttosto che sul possesso. Per esempio, focalizzandoci sulla mobilità, entro il 2022 ci stimano 700 mila auto in condivisione nelle città.
Il recupero degli scarti. Le Nazioni Unite prevedono che entro il 2050 ci saranno altri 2,5 miliardi di persone che vivono nelle città. Il 70% delle risorse mondiali, secondo un recente studio, viene usata in contesti urbani. Trasformare le nostre città in smart cities che promuovono pratiche di riuso e riciclo, permetterebbe di raggiungere risultati importanti.
La disponibilità di connessioni sempre più potenti e l’arrivo dell’Internet of Things (IoT). A livello domestico, i dispositivi ci informeranno di quello che realmente serve o dello stato di conservazione degli alimenti, per diminuire gli sprechi. A livello industriale, secondo uno studio condotto nel 2015 dal World Economic Forum insieme alla Ellen MacArthur Foundation, sarà possibile monitorare da remoto lo stato di conservazione di beni e macchine, così da favorire la loro conservazione.
Riduzione dei rischi produttivi. Secondo l’analisi la circular economy potrebbe anche abbassare i rischi produttivi legati alla fluttuazione delle materie prime e i problemi nell’approvvigionamento.
Un obiettivo ancora lontano
Purtroppo però un’economia circolare efficace ed efficiente sembra ancora lontana. Lo dimostrano i numeri dell’edizione 2019 del Circularity Gap Report, il rapporto pubblicato da Circle Economy e presentato al Vertice di Davos.
Nel mondo vengono estratte 92,8 miliardi di tonnellate di materie prime tra minerali, combustibili fossili, metalli e biomassa. Ma solo il 9% di queste risorse viene riutilizzato. Ad oggi lo schema economico prevalente è ancora quello dell’economia lineare: produciamo, consumiamo e buttiamo nel cestino.
Secondo il rapporto dell’International Resource Panel, il gruppo di esperti delle Nazioni Unite, l’uso delle risorse globali è più che triplicato dal 1970 a oggi e potrebbe raddoppiare nuovamente entro il 2050 senza serie azioni di contrasto. Si stima inoltre che il 62% delle emissioni climalteranti (escluse quelle derivanti dall’uso del suolo e dalla silvicoltura) vengano rilasciate durante le fasi di estrazione, lavorazione e produzione di beni, rispetto al 38% emesso invece nella consegna e nell’uso di prodotti e servizi.
“Un mondo che contenga l’aumento di temperatura a 1,5 gradi non può che essere un mondo circolare” Harald Friedl - CEO di Circle Economy
Agire per il clima: una sfida globale
L’economia circolare è uno dei modelli utili per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, così come stabilito dagli accordi della Conferenza su Clima COP21. Una sfida globale a cui tutti siamo chiamati a rispondere, riducendo le emissioni di gas a effetto serra derivanti dalle attività umane – oggi al loro livello più alto nella storia – e contrastando il cambiamento climatico.
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